7.0
- Band: FALSE
- Durata: 00:41:16
- Disponibile dal: 01/07/2019
- Etichetta:
- Gilead Media
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Il ritorno discografico dei False si apre su coordinate simili al precedente lavoro, con però l’evidente rafforzamento delle idee e dell’intesa musicale tra i sei membri. Sottolineiamo questo particolare perché, in un lavoro complesso, in cui i brani superano abbondantemente i dieci minuti di durata, emerge fortemente la stratificazione sonora; la band di Minneapolis sa infatti unire la dimensione più evocativa e spirituale del black metal americano con la componente più rude e diretta. Quest’ultima trova la sua massima espressione nel greve e disperato cantato di Rachel, eccellente musa ossianica che si eleva sulle poetiche trame intrecciate dalle chitarre e dalle tastiere. “Portent” non è un album che trova nella varietà del riffing il suo punto di forza, ma è proprio l’uniformità ossessiva, cupa come la pece ed eppure eterea, a far conquistare un voto positivo al lavoro; da questo punto di vista il brano centrale, “Rime On The Song Of Returning” rappresenta quasi una versione più ridotta all’osso (anche se non in termini di minutaggio) delle esplorazioni silvane dei Wolves In The Throne Room, specie quando la trama si spezza d’improvviso, offrendo cupi rallentamenti. Rispetto al tessuto complessivo ispirato e magniloquente ci sono comunque momenti più d’impatto, come nella sezione centrale di “A Victual To Our Dead Selves”, vicina a certe soluzioni presenti su quel capolavoro unico che era “Dead As Dreams” dei Weakling; così come, inevitabilmente, qualche ripetizione di troppo ora della terza, lunghissima suite. Nella sua singolarità è potente ed efficace anche l’outro, “Postlude”, che in meno di due minuti e con praticamente solo un pianoforte come guida, sa darci cupamente appuntamento al prossimo lavoro, con la giusta dose di curiosità.