7.0
- Band: FEAR FACTORY
- Durata: 00:47:55
- Disponibile dal: 07/08/2015
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
Spotify:
Apple Music:
“Ha!
There is no love
I am a duplication”
“Replica” – da “Demanufacture” (1995)
È chiaro sin dal concepimento che “Genexus” è stato programmato per spremere il brand Fear Factory all’osso. Allo scoccare del ventesimo anniversario di “Demanufacture”, l’opera più celebrata del gruppo, la ditta Bell/Cazares si riunisce per quella che ai loro occhi è la migliore opzione disponibile: archiviate le possibilità di espandere il sound e rinnovare il proprio pubblico non rimane che la via più ovvia, ovvero cannibalizzare il franchise e riproporre la versione di sè più amata ed incensata, quella che ha segnato la storia del metal. Fa sorridere come il grande Arnold abbia tentato di fare lo stesso al cinema con la serie Terminator – con titolo e risultati simili – ma questa è un’altra storia. Arruolata una nuova sezione ritmica composta da Tony Campos (Static-X) e Mike Heller (Malignancy, affiancato da una drum machine a quanto pare) ecco servito, dopo gli insoddisfacenti “Mechanize” e “The Industrialist”, il “Demanufacture parte seconda” che ha lo scopo di attirare l’attenzione di tutti coloro che hanno vissuto i FF anni ’90 e di quelle leve successive che ne hanno fiutato la portata. In maniera certosina e metodica viene riproposto l’iconico sound della Fabbrica della Paura, con i decisivi interventi del quinto uomo Rhys Fulber (tastiere, samples, produzione, engineering) e del mago della console Andy Sneap (mixing, mastering). Dal lato compositivo vengono letteralmente ricalcati gli schemi, le soluzioni, i riff, gli effetti, le linee vocali, gli inserti industrial/tastieristici/elettronici, gli hook… insomma tutto di tutto, temi lirici compresi. È ovvio che questa scelta diventa immediatamente il miglior pregio e il miglior difetto dell’opera, andando a sbilanciare in maniera considerevole il giudizio personale a seconda del livello di tolleranza a riguardo di operazioni del genere, di questi tempi sempre più frequenti. Bisogna ammettere che “Genexus” è un disco riuscito, decisamente migliore dei già citati predecessori, il quale ascolto scorre in maniera gradevole riuscendo a rievocare in maniera degna i fasti di “Demanufacture” con un paio di balzi in territorio “Obsolete”. Il nono capitolo dei FF è anche benedetto dall’assenza di veri e propri eredi in campo cyber metal, circostanza che, assieme al sound distintivo, contribuisce a rendere meno pesante la distanza siderale di 20 anni. D’altro canto va evidenziato come le composizioni siano leggermente più accessibili rispetto alle pietre di paragone: le linee melodiche di Bell sono spesso discutibili, Wolbers ed Herrera erano un’altra cosa, l’integrità del gruppo è andata a farsi benedire da tempo e il “fattore sorpresa” è bassissimo. Parecchi elementi allontanano “Genexus” dall’eccellenza quindi, ciò nonostante Dino e Burton riescono a ricordarci la bontà della loro ingegneria, programmazione e meccanica, ricostruendo con il loro personalissimo trademark la gelida collisione uomo-macchina in una replica di un certo pregio. Restiamo comunque poco ottimisti sulle capacità di riprodurre “Demanufacture” in sede live nel prossimo tour dedicato…