8.0
- Band: FEAR FACTORY
- Durata: 00:48:57
- Disponibile dal: 28/07/1998
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Edel
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Apple Music:
Due to the graphic nature of this program, listener discretion is advised.
Tre anni sono praticamente trascorsi dal botto commerciale di “Demanufacture” – ed un anno dall’ardita pubblicazione del disco di remix “Remanufacture (Cloning Technology)” – quando i Fear Factory si ripresentano al via con “Obsolete”, terzo full-length album e lavoro che sancirà la consacrazione del quartetto multinazionale. Uscito in piena corrente ascensionale nu-metal, tra un Korn ed un Limp Bizkit in prepotente passaggio, “Obsolete” è parecchio diverso dal suo predecessore: meno freddo e cibernetico, meno glaciale e pessimista, presenta forti dosi di emozionalità ed una visionarietà d’insieme che la Fabbrica della Paura non è ancora riuscita a riproporre con tale maestria tuttoggi; più vario di “Demanufacture”, inizia a spostare l’ago della bilancia delle composizioni dei Fear Factory verso una decisa orecchiabilità (“Descent” ne è perfetto esempio), qui ben abbinata ad un concept lirico di chiara ispirazione cinematografica, con tanto di descrizione delle inquadrature nel booklet a mo’ di copione. L’elettronica del mago Rhys Fulber mai come in questo platter riesce a far rifulgere di luce propria i brani della tracklist, donando loro originalità e unicità attraverso svariate risorse, fra le quali ci piace ricordare il pattern shoegaze dell’apocalittica “Freedom Or Fire”. All’apice della forma e della carriera, Dino Cazares, Burton C. Bell, Raymond Herrera e Christian Olde Wolbers forniscono una prova di forza maiuscola, inaugurata dal potente groove e dal chorus ipnotico dell’iniziale “Shock”, subito elevata a potenza dalla seguente ed osannata “Edgecrusher”, vero e proprio inno cyber-metal, carico di scratch, effetti, loop e riff assassini. L’apoteosi della roboticità però si raggiunge con la seguente “Smasher/Devourer”, inquietante quanto ossessiva, e con “Securitron (Police State 2000)”, anch’essa trascinante l’ascoltatore in un immaginario cittadino, pulsante e accusatorio che non può non ricordare il Grande Fratello del “1984” Orwelliano. Segue “Descent”, prima vera parentesi melodica mai concepita dai Fear Factory e, guarda caso, pezzo debole del disco. “Obsolete” si re-impenna velocemente, però, tramite l’attacco frontale e brutale di “Hi-tech Hate” – dotata comunque di sezioni pulite che più epiche non si può! – e grazie alla già citata e contaminata “Freedom Or Fire”, puro manifesto all’auto-immolazione per un ideale. La title-track è fra gli episodi meno interessanti di “Obsolete”, ma ancora una volta riesce a mettere in evidenza l’importanza del motore ritmico della band, e basti sentire l’attacco del brano! Chiudono questo capolavoro due tracce atipiche: “Resurrection”, un’epica e magniloquente elegia futuristica, e “Timelessness”, commovente e malinconica chiosa post-dramma interpretata da un impeccabile Burton C. Bell. Insomma, sebbene “Demanufacture” sia all’unanimità considerato l’album migliore in assoluto dei Fear Factory, la poesia, la magia e la profondità che vengono trasmesse da “Obsolete” rendono speciale tale lavoro, il più umano ed emozionante scritto da queste quattro macchine da guerra.
I am the way, prepare for salvation.