7.5
- Band: FEAR FACTORY
- Durata: 00:52:52
- Disponibile dal: 29/08/2005
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Universal
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Vera e propria ‘trasgressione’ è l’azione compiuta dai ‘nuovi’ Fear Factory che da due dischi (compreso quest’ultimo) tentano di scrollarsi di dosso (ma non troppo) le negatività createsi negli ultimi periodi col fondatore Dino Cazares. I nostri, dopo lo split con Cazares, hanno dato vita al prevedibile “Archetype”, dove le similitudini coi precedenti lavori erano veramente troppe, e la band dava l’impressione di essere poco più di una cover band di se stessa, troppo occupata ad emulare riff e sonorità troppo uguali a quelle create dal defezionario Cazares. Inevitabilmente era forte la paura di osare, di perdere seguito, e quindi pochi erano gli spiragli di novità o quantomeno di freschezza compositiva. Sicuramente i Fear Factory hanno fatto tesoro dell’esperienza in studio, dell’esperienza in tour, ed hanno deciso che era giunto il momento di osare. Mettiamo subito in chiaro che non si tratta di un lavoro così avulso dallo stile caratteristico dei quattro, ma qui gli elementi di novità sono quantomeno preponderanti e in molti casi davvero efficaci. Partiamo dalla produzione: il sottoscritto non avrebbe mai pensato di poter sentire una produzione così strana da questa band: la batteria è come sempre in primo piano, ok, ma le chitarre sono inspiegabilmente dietro la voce e il loro suono risulta poco pieno, come se faticasse ad uscire dagli speaker. E paradossalmente questo è proprio un tipo di album dove il riffing dovrebbe essere a supporto di tutto il resto, basti ascoltare i bellissimi riff della title-track “Transgression”, traccia, questa, che presenta molte analogie con il passato dal punto di vista vocale (growl e puliti si intrecciano continuamente), ma che introduce numerose novità per quanto riguarda l’aspetto compositivo, davvero variegato soprattutto nel riff portante. Altro forte elemento di novità è l’insolito uso delle clean vocals nell’opener “540,000 Fahrenheit”, che creano delle melodie davvero vincenti (cosa che ultimamente stava mancando ai nostri). E la contrapposizione tra questa song (con melodie costruite in modo magistrale e ben intrecciate con la musica) e la successiva già citata “Transgression”, dove le vocals sembrano quasi ‘improvvisate’ sulla base musicale, crea un senso di disorientamento, di confusione. Ma cosa sta succedendo? E’ come se la band si trovasse ad un bivio, come se stesse provando entrambe le strade per decidere quale percorrere definitivamente. Ed è questa la vera debolezza di questo lavoro. Tornando alle song, più canonica è la bellissima “Contagion”, davvero coinvolgente e dotata di un ritornello davvero avvolgente. Molto ‘commerciali’ e spendibili sono la melodica e lenta “Echo Of My Scream” e la sinistra “Supernova”, davvero affascinante e graziata dalla presenza del bassista dei Faith No More Billy Gould. Davvero insolita l’idea di coverizzare gli U2 con “I Will Follow” ed i Killing Joke con “Millenium”, ma il risultato è più che buono, non c’è dubbio, specialmente per la prima delle due song. Dopo la brutale “Moment Of Impact” il nostro “Transgression” arriva alla fine. Che dire, se non che si tratta di un album sicuramente valido, anche se decisamente non un capolavoro, che lascia presagire buoni sviluppi per la band, e soprattutto che mostra il loro sound sotto angolazioni che fino ad ora ci erano state deliberatamente precluse? Per la cronaca, aggiungiamo che la prima edizione limitata dell’album conterrà un DVD contenente l’intero album in 5:1, i video di “Transgression”, “Spinal Compression” e “Moment Of Impact”, ed infine il documentario “The Making Of Transgression”.