7.5
- Band: FELLOWSHIP
- Durata: 01:05:01
- Disponibile dal: 15/07/22
- Etichetta:
- Scarlet Records
Spotify:
Apple Music:
Passano gli anni, si alternano le mode, cambiano i gusti ma la voglia di fare il classico power metal infarcito di passaggi sinfonici e tematiche epiche rimane. In questi frangenti tra le tantissime uscite che seguono questo filone bisogna saper scremare e dare il giusto risalto a chi pone l’attenzione più maniacale in ogni singola fase che porta alla stampa dell’album, dalle tematiche scelte nei testi al mixaggio, fino alla scelta della copertina. Ecco che nelle ultime uscite possiamo dare il benvenuto ai nuovi Fellowship, che dalla perfida Albione sbarcano nel mercato mondiale con un lavoro molto strutturato e pomposo dal titolo “The Saberlight Chronicles”. Fin dal brano introduttivo “Until The Fires Die” all’ascolto arrivano nitidi i tratti che saranno ben distinguibili nel loro concept, ovverosia orchestrazioni, cavalcate epiche, ritmi in crescendo, suoni spensierati e cori che entrano subito in testa. Per tipologia di musica si riconoscono i primi Edguy di “Theater Of Salvation”, con brani talmente diretti che si incollano addosso già al primo passaggio e assoli sfrenati, come nella conclusione di “Atlas” e “Glint” dove i due paladini delle sei corde Sam Browne e Brad Wosko intrecciano note su note sempre più vorticosamente. Questo concept si sviluppa traccia dopo traccia sviluppando il tema portante della salute mentale, dalla ricerca di un proprio equilibrio interiore alla crescita di una consapevolezza dell’Io e i brani sono dei veri e propri sproni ad essere coraggiosi in questa esplorazione. Molto equilibrata la voce di Matthew Corry, sia negli acuti della smaccata invocazione power “Glory Days” sia nei pezzi più espressivi come “Hearts Upon The Hill” e “The Hours Of Wintertime”, uno dei passaggi meglio riusciti e che faranno la gioia dei molti fan dei Rhapsody dei primi album, dei Twilight Force di “Heroes Of Mighty Magic” e anche degli Stratovarius di “Visions” e “Infinite”. In questo debutto sono molti i pezzi tiratissimi, sempre ritmati dal batterista Callum Tuffen, e nelle orchestrazioni a volte si rimane un po’ spiazzati dall’uso delle campanelle come in “Scars And Shrapnel Wounds”, che tanto ricordano gli album natalizi della Trans-Siberian Orchestra. Non manca il passaggio più accorato nella ballad “Silhouette” che porta al gran finale con la quintessenza di quanto sentito fino a questo momento: tappeti di doppia cassa, ritornelli a cui accodarsi già alla seconda ripetizione, orchestrazioni e ambientazioni fantasy, sfuriate di assoli in “Avalon” dai sensibili rimandi di “Dawn Of Victory” dei sempre citati Rhapsody. Non cambia niente nel tempo, anzi qualcosa cambia: possiamo annoverare i Fellowship come buona novità nel panorama stagnante del power epico e melodico.