7.0
- Band: FERALIA
- Durata: 00:29:54
- Disponibile dal: 21/10/2019
- Etichetta:
- Vacula Productions
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Quello proposto dai Feralia è un black metal molto ritmato e ricco di atmosfera, in cui il basso gioca da padrone nel definire sia la tonalità che le dinamiche dei brani, con diversi passaggi in cui passa in primo piano; donando così un certo tocco goth, o se preferiamo di folk oscuro. A questo riguardo, non a caso, emerge nei crediti la pregevole partecipazione di Tibor Kati, ex cantante dei Negura Bunget e attualmente in forze ai Sur Austru, naturale continuazione della band; l’approccio è quindi guidato da un chiaro afflato esoterico, evidente nei movimenti molto evocativi, su cui Tibor canta con voce sporca ma raffinata insieme, similarmente al tono ieratico e da bardo a cui ci ha abituato con le sue band principali. Il sound delle chitarre ricorda molto la scuola est europea contemporanea, con riff melodici e frequenti rallentamenti, anche se la costruzione dei brani è, di fondo, molto tradizionale; in una proposta non monocorde, la scuola norvegese spande la sua lunga ombra, prima di tutto nel contrappunto tra la batteria ricercata e il riffing frenetico, ma anche nei diversi passaggi acustici che costellano il lavoro, così come nei momenti più trascinanti; ciò emerge particolarmente su “Abysm”, il brano più avvincente e originale del lotto, colmo di euforia da baccanale, anche grazie all’evocativa linea vocale con eco che parte come controcanto per poi rimanere sola e in primo piano sul finale. I toni variegati delle diverse tracce rispondono bene al concept dei Feralia, dedicato al processo di emancipazione dell’Io in un’ottica esoterica e ricco di citazioni, non ultime quelle di Aleister Crowley; l’atmosfera complessiva del disco è in effetti molto spirituale e ci pare anche prendere una buona influenza dalla città natale di questa band, ossia Torino, da sempre Grande Madre per la ricerca occulta. Allo stesso modo, i titoli stessi dei brani raccontano questo percorso interiore e sottolineano i diversi stadi dell’esistenza narrati nel corso dell’album. Abbiamo così, per esempio, “Life”: un brano circolare e conturbante come la vita, mentre la successiva “Death” ha da subito una cadenza più sofferta e cadenzata, come una processione funebre. È comunque un ascolto da affrontare dall’inizio alla fine, in cui non a caso le più classiche “Intro” e “Outro” acustiche racchiudono il percorso vero e proprio. Un buon esordio, per una band che forse può trovare ulteriori elementi di originalità, ma che sa ripescare bene nei meandri più esoterici del genere.