7.0
- Band: FILTER
- Durata: 00:50:35
- Disponibile dal: 04/08/2016
- Etichetta:
- Spinefarm
- Distributore: Universal
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L’uscita del nuovo Filter in chi vi scrive ha creato una curiosa attesa che non si faceva sentire da tempo. La domanda ‘Riuscirà finalmente Richard Patrick a risollevare la testa e le sorti della band dopo una serie di uscite a metà strada tra l’anonimo e il terribilmente deludente?’ prevedeva già la forte possibilità di una risposta negativa, anche se la speranza è sicuramente l’ultima a lasciare il campo di battaglia. Beh, contro i pronostici della vigilia, “Crazy Eyes”, settimo lavoro del combo guidato dall’ex Nine Inch Nails, si fa valere e strappa una vittoria non clamorosa ma che comunque è una vittoria. Sono ovviamente lontani gli highlight di carriera, gioielli di industrial, alternative e quant’altro si possa voler usare per etichettare i Filter, avvenuti prima della decisione da parte di Richard di rinchiudersi in una clinica per smettere con i pesanti abusi di alcool e droga, tanto che si potrebbe pensare che il genio mostrato in “Short Bus”, “Title Of The Record” e “The Amalgamut” si sia perso con la sobrietà, ma i brani di questo nuovo disco invece colpiscono e non poco. L’impatto violento, malvagio ed energico di “Mother E” di per sè già è indicativo di una ritrovata energia nel songwriting, che comunque si mantiene vario come da tradizione, proponendo brani più ritmati e ‘danzerecci’ come “City Of Blinding Riots”, ricchi di melodia, ad esempio il primo singolo “Take Me To Heaven” o più riflessivi, come “Welcome To The Suck (Destiny Not Luck)”. Strumentalmente la band, completamente rinnovata, come abitudine di Patrick nei Filter della seconda ondata (anche se in “The Sun Comes Out Tonight” la band neppure c’era), se la cava egregiamente, supportata alla grande dalla produzione di un vero maestro quale è il frontman, che da parte sua strilla, urla, ringhia e mostra denti e grinta dall’inizio alla fine. Non un capolavoro, ma un album che mostra finalmente delle idee valide, idee che non si ascoltavano da tempo in quel di Cleveland, proponendo buoni brani industrial che si lasciano apprezzare più e più volte.