
7.5
- Band: FILTH IN MY GARAGE
- Durata: 00:44:22
- Disponibile dal: 03/04/2016
- Etichetta:
- Argonauta Records
- Distributore: Goodfellas
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Ci fu un tempo, in cui nascevano band come funghi in un sottobosco d’autunno, alle quali bastava aggiungere il suffisso ‘post’ che automaticamente guadagnavano like sui social network e quindi visibilità e importanza… Salvo poi svanire nel nulla poco tempo dopo. Oggi la musica è cambiata, letteralmente, non solo per modo di dire, ed a suonare post ‘-qualsiasi cosa’, e in particolare post-hardcore, sono rimasti in relativamente pochi. I Filth In My Garage sono una di quelle band in attività da parecchi anni, addirittura dal 2007, eppure la loro discografia è composta da tre EP, che hanno segnato il loro cambiamento e la loro crescita musicale e questo “Songs From The Lowest Floor” è, alla resa dei conti, il debutto discografico della band, sebbene chiunque possa intuire autonomamente quanto sarebbe fuorviante parlare di loro come di un gruppo esordiente. I Nostri bergamaschi non sono dei novellini e, accidenti, questo lo si capisce sin dai primissimi ascolti: un bel suono compatto, affascinante nelle sue tinte crepuscolari e coinvolgente nei suoi numerosi momenti evocativi e ricchi di pathos. Le influenze, come accennato in fase di apertura, sono sì post hardcore, ma spaziano sia nello screamo che nel post rock. Ma è il songwriting ad essere il vero punto di forza del gruppo (scusate se vi sembra poco), la loro capacità di essere credibili praticamente in qualsiasi contesto si piazzino. Così se i Filth In My Garage decidono di spingere il piede sull’acceleratore ci troveremo alle prese con un brano come “Black And Blue”, che con il suo incedere frizzante, energico e coinvolgente, talvolta melodico ed evocativo con accenni strumentali di post rock che ci hanno portato alla mente certe divagazioni alla Mogwai o Explosions In The Sky. Qualora invece il quintetto decidesse di prendersela comoda ecco che l’ascoltatore si troverà alle prese con brani più articolati come “Devil’s Shape” o “The Awful Path”, dove ad alternarsi saranno ritmiche ed atmosfere pure parecchio differenti tra di loro, sempre tuttavia legate in maniera fluida e logica; non si percepisce mai infatti il tentativo di stupire l’ascoltatore, ma piuttosto la volontà di accompagnarlo e immergerlo gradualmente nelle tante sfaccettature del loro sound, in grado di raggiungere gravissimi baratri di rabbia e disperazione, ma anche momenti di luce cangiante e reattività muscolare. E’ interessante come in più di una situazione le ritmiche si dipanino in maniera graduale, come un riff martellante divenga un arpeggio acquoso e come ciò avvenga in modo così naturale, è quasi sorprendente il modo in cui le canzoni scorrono in maniera fluida e spontanea come acqua nel letto di un fiume. I più puntigliosi potrebbero recriminare ai Filth In My Garage una mancanza di una spiccata originalità, e in effetti potrebbero avere anche qualche ragione, dato che molti elementi e soluzioni che abbiamo sentito in “Songs From The Lowest Floor” li possiamo trovare anche in altri album di band quali Norma Jean, Neurosis, The Dillinger Escape Plan, Poison The Well o Underoath. Tuttavia crediamo che quando il materiale a disposizione è così buono, si possa (e qualche modo si debba anche) soprassedere per godersi l’operato di un gruppo che speriamo di cuore che continui a portare avanti il proprio cammino con costanza e determinazione, senza svanire nel nulla.