FINAL DOSE – Under The Eternal Shadow

Pubblicato il 15/04/2025 da
voto
8.0
  • Band: FINAL DOSE
  • Durata: 00:23:00
  • Disponibile dal: 11/04/2025
  • Etichetta:
  • Wolves Of Hades

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Una figura incappucciata emerge dalle tenebre. L’oscurità ne ingoia il volto e la maglia metallica che indossa luccica sinistra nel buio. Stringe tra le mani guantate di pelle borchiata un’accetta, bianchissima contro lo sfondo nero. Al netto delle differenze, guardando l’artwork di copertina di “Under The Eternal Shadow” è difficile non pensare al famosissimo ritratto di Varg Vikernes che impugna una mazza chiodata guardando in camera con aria truce.
Che il nesso sia voluto o meno, sta di fatto che con questa copertina lo-fi e a forte contrasto cromatico il legame dei Final Dose col black delle origini si nota prima ancora di premere il tasto ‘play’. Solo che, se il black primitivo legava il proprio immaginario a foreste notturne e antiche civiltà arroccate in castelli tra i monti, la combo britannica sembra più intenzionata a calarci in un dungeon di cemento armato, dove l’angoscia prende una forma bestiale e rabbiosa: più che di rimuginare sulla vacuità dell’esistenza, infatti, i Final Dose fanno venire voglia di lanciarsi nel pogo.
Come il suo predecessore “Void Inside”, “Under The Eternal Shadow” è una combinazione marcia e (anche per questo) riuscitissima di black e punk. Niente di così innovativo? Forse, ma i Final Dose rielaborano questo mix piuttosto tradizionale in una chiave contemporanea, che amalgama organicamente le varie influenze in modo convincente e originale. Rispetto al debut album, inoltre, in questo secondo lavoro la componente hardcore si arricchisce di sfumature thrash, drone e perfino folk, mentre la produzione risulta ulteriormente scarnificata.
Già dal primo contatto con questo fulmineo, violentissimo disco, si nota come l’approccio in-your-face sia la cornice di un’opera stratificata, incrostata di sedimenti su sedimenti di sporcizia, sangue e altre cose di cui forse è meglio ignorare la natura. Le tracce d’apertura “Eternal Winter” e “Weathered Axe” si calano come due manrovesci al ritmo di una batteria quasi thrash, che segue imperterrita un songwriting dinamico e trascinante.
Dimenticate i ritmi ossessivi e quasi ipnotici di certa tradizione novantiana: qui fa da padrona l’attitudine punk, con una verve sardonica che rimanda abbastanza chiaramente ai Darkthrone. Del resto, da “Under The Eternal Shadow” a “Under A Funeral Moon” il passo è breve – come si può apprezzare, ad esempio, in “Dark Paradise” – ma c’è anche qualcosa di “The Underground Resistance”.
Sprofondando traccia dopo traccia nelle profondità di questo lavoro, se ne scoprono dettagli via via più scabrosi ed intriganti. Fanno la loro comparsa voli in solitaria della chitarra e urla di vuota disperazione (“Rites of Spring”), scariche drone e distorsioni al limite del noise (“Servant”), synth a tinte dark (“Funeral March”) ed effluvi dall’odore vagamente sludge (“Locked in the Black Dungeon”). Ai già citati Darkthrone si aggiungono reminiscenze di alcune tracce dei primissimi Satyricon, ma anche delle rivisitazioni più attuali e dissacranti del black metal intraprese da band come i Kvelertak.
La chiusura sulle atmosfere da folk apocalittico di “Drag the Light Down” è semplicemente la migliore possibile: nichilista, minimale, abrasiva. Non può esserci invito migliore a ricominciare dall’inizio.

TRACKLIST

  1. Eternal Winter
  2. Weathered Axe
  3. Rite of Spring
  4. Servant
  5. Dark paradise
  6. Wretched
  7. Funeral March
  8. Locked in the Black Dungeon
  9. Revenge
  10. Drag the Light Down
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