7.0
- Band: FINNTROLL
- Durata: 00:38:22
- Disponibile dal: 18/09/2020
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
Spotify:
Apple Music:
I troll finlandesi danno alle stampe il settimo capitolo della loro discografia, con un mese abbondante di ritardo rispetto a quanto già previsto (per saperne di più attendete l’intervista che il cantante Mathias Lillmåns ci ha concesso questa estate, che sarà online a fine mese).
Sette anni dopo il buon “Blodsvept” la band di Tundra, Skrymer e Trollhorn torna con un lavoro che recupera non poco dell’oscurità dei dischi dei primordi. Partiamo dai brani resi disponibili gratuitamente in anteprima: “Ormfolk” e “Forsen” suonano Finntroll al 100%, il primo più dritto e tirato e il secondo con più innesti folk. “Mask” è l’estratto più recente e stilisticamente è più vicino a “Ormfolk” e quindi al pagan/black rispetto al folk metal, etichetta che ai norvegesi è sempre andata stretta e nella quale non si sono mai ritrovati. E l’impressione è proprio quella di avere davanti un disco più duro e diretto rispetto ai più vicini predecessori, con scelte stilistiche che sono facilmente accomunabili al black metal sinfonico della seconda metà degli anni ‘90, com’è lampante ad esempio nell’ottima “Att Döda Med En Sten” o nel passaggio centrale di “Vid Häxans Härd”. Non mancano gli inserimenti acustici, pensiamo a “Grenars Väg”, che si apre con un giro delizioso per trasformarsi in brano ritmato e anthemico, tra i pochi ‘allegri’ (e cantabili) del lotto. I Finntroll, pur facendo parte a pieno titolo della scena pagan/viking/folk che ha fatto scoppiare l’amore per miti, leggende e sonorità nordiche in tutto il globo, non hanno mai ceduto (troppo) alle lusinghe di un sound più facile, scanzonato e ‘da birreria’ (diversamente ad esempio dai colleghi Korpiklaani), preferendo rimanere su binari più cupi e aggressivi e mantenendo una certa contiguità con il black metal scandinavo.
L’intero lavoro risulta molto godibile e, anche se non possiamo gridare al capolavoro “Vredesvävd” è un disco che possiede un grado di freschezza tale da elevarlo al di sopra dal semplice ‘lavoro dignitoso’ di una formazione in giro da tanti anni. Qual è il confine tra trademark di una band e sfacciata autocitazione? Non esiste una risposta chiara e univoca a questa domanda, ma è l’interrogativo che giustifica un voto non eccelso. C’è più di un pezzo che siamo certi funzionerà molto bene in sede live – facendo tutti gli scongiuri di rito rispetto ad una rapida riapertura della stagione concertistica – e ci sono sicuramente delle soluzioni interessante, mancano forse dei brani in grado di staccare il resto e spingere l’ascoltatore a schiacciare il tasto ‘repeat’. Al netto di questi discorsi, ci sentiamo comunque di dire: bentornati.