6.5
- Band: FIT FOR AN AUTOPSY
- Durata: 00:38:00
- Disponibile dal: 04/10/2013
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Le sonorità dei Fit For An Autopsy potrebbero far pensare ad un gruppo formato da novellini, ma in realtà i ragazzi sono dei veterani della scena della East Coast statunitense. Il frontman Nate Johnson, in particolare, ha fatto parte di numerose band che gli amanti delle sonorità “core” dell’ultimo decennio potrebbero ricordarsi: Turmoil, Premonitions Of War, Through The Eyes Of The Dead, Since The Flood… e la lista potrebbe proseguire. Attivi dal 2008, i Fit For An Autopsy sono uno dei progetti più recenti del Nostro, che con i suoi compari si cimenta in un death-core piuttosto tecnico e dai rintocchi atmosferici. Una volta preso nota di evidenti influenze Whitechapel, ultimi Ion Dissonance e Gojira, si ha conferma di una band mediamente ispirata, che trasmette solidità e volontà di potenza. Un album, questo “Hellbound” (il secondo della carriera del gruppo), marmoreo nell’incedere e dal suono compresso; un platter che scarica sull’ascoltatore tonnellate di riff quadrati e stordenti, ma che a queste scosse affianca pure delle velleità riflessive che si manifestano soprattutto in piccoli spunti ambient e in arrangiamenti ed assoli curati. A livello compositivo/esecutivo, rispetto ai compagni di etichetta Legion siamo senz’altro su livelli più elevati – ma su questo già in partenza vi erano pochi dubbi, vista l’esperienza dei musicisti coinvolti. Tuttavia, se si desidera paragonare gli sforzi dei Fit For An Autopsy a quelli degli attuali leader del settore – Whitechapel, appunto – si nota come Johnson e soci debbano ancora affinare un po’ la loro proposta per ambire a grandi traguardi. Il disco parte bene, ma, nella sua seconda parte, questo inizia ad assumere i connotati di una massa poco definita, in cui le tracce sfociano le une nelle altre senza offrire passaggi veramente memorabili. L’interpretazione di Johnson smuove sempre, ma qua e là manca un supporto altrettanto sontuoso da parte della base strumentale. In ogni caso, chi è davvero fan di certe sonorità potrebbe apprezzare, perlomeno all’altezza di brani come “The Great Gift Of The World”, “Still We Destroy” o “The Travelers”.