8.0
- Band: FIT FOR AN AUTOPSY
- Durata: 00:45:13
- Disponibile dal: 14/01/2022
- Etichetta:
- Nuclear Blast
Spotify:
Apple Music:
Fughiamo subito ogni dubbio: sì, i Fit For An Autopsy continuano a suonare death-core, genere che nell’ultimo periodo ha saputo riconquistare le attenzioni del pubblico e della critica rendendosi però spesso protagonista di trovate discutibili, kitsch o – più semplicemente – puerili, fra contaminazioni non propriamente riuscite, eccessi gutturali e videoclip a base di orsi e carri armati. Un modo di approcciare e vivere la musica che per fortuna il gruppo di Jersey City, forte di una carriera avviata ormai nel lontano 2008, non sembra minimamente intenzionato a sfiorare con le proprie uscite, da sempre foriere di ingegno e pathos applicati alla sfera del groove, oltre che di un affinamento costante sul piano dello stile e della personalità.
La situazione appunto non cambia con “Oh What The Future Holds”, seconda uscita targata Nuclear Blast per il sestetto e definitiva messa a fuoco di una proposta tanto violenta e stordente quanto profonda e introspettiva, frutto di un lavoro di distillazione che vede coinvolte alcune delle più pregiate miscele dello spettro hardcore/metal contemporaneo (e non). È in questi solchi infatti che la visione del chitarrista/produttore Will Putney si concretizza una volta per tutte, snodandosi fra i sentieri di un giardino perfettamente curato e libero dall’influsso dei padrini Whitechapel, i quali possono oggi essere visti come una delle tante materie fertilizzanti dell’habitat ombroso della tracklist, e non più come primo termine di paragone del risultato finale. Un disco amaro, teso e più cupo dei suoi predecessori, figlio del clima di incertezza che accompagna questo particolare momento storico e – di conseguenza – incline alla melodia solo in forma estremamente malinconica e drammatica, con una diminuzione dei cori e delle microparentesi ariose del fortunato “The Sea Of Tragic Beasts”. Un’aggressione in cui death moderno, metal-core adulto e spezie di varia origine – da istanze tribali mutuate dai Sepultura di “Chaos A.D.” a ritmi sincopati che non possono non richiamare Meshuggah e Gojira – si abbattono come macigni sulle difese dell’ascoltatore, in un flusso che vede i controversi breakdown impiegati con il gusto di chi ne ha davvero capito la funzione e, poco più in là, il guitarwork esprimersi con una scioltezza e un livello di presa finora inediti, esaltando il dialogo fra le tre chitarre.
Dall’eccellente doppietta di singoli “Pandora”/“Far From Heaven”, trainata da un Joe Badolato in grandissimo spolvero dietro al microfono, alla conclusiva “The Man That I Was Not” (le cui voci pulite ci sono sembrate più un omaggio ai cari vecchi Poison The Well che un tentativo di aprirsi a nuovi orizzonti musicali), “Oh What The Future Holds” convince quindi su tutta la linea, sancendo l’esperienza e la caparbietà di una formazione che, oggi più che mai, meriterebbe di essere premiata. Per quanto ci riguarda, il primo colpo messo a segno da questo 2022 ancora agli albori.