
8.0
- Band: FIT FOR AN AUTOPSY
- Durata: 00:44:00
- Disponibile dal: 25/10/2024
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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In un panorama death-core sempre più inflazionato e soggetto alla fascinazione di artifici da studio, orchestrazioni fuori tempo massimo e suoni privi di calore umano, i Fit for an Autopsy continuano a rappresentare un faro per coloro a cui non piace intendere questo genere come uno scherzo o un gioco da ragazzini, dando regolarmente alle stampe album in grado di esaltarne la ricerca sonora e le tendenze percussive sul filo di una narrazione mesta e drammatica.
Così, mentre i compagni di squadra erano impegnati a portare on-the-road l’ottimo “Oh What the Future Holds”, sesto full-length che in quel momento poteva essere visto come l’apice del percorso musicale avviato dall’acerbo “The Process of Human Extinction” (2011), Will Putney, chitarrista, membro fondatore e vero leader della band del New Jersey, oltre che produttore per nomi del calibro di Counterparts, Knocked Loose, Norma Jean e Thy Art Is Murder, ha potuto dedicarsi con il consueto zelo alla stesura di questo “The Nothing That Is”, opera che batte il cosiddetto ferro del mercato riconfermandone l’ispirazione della penna e consolidando le caratteristiche di una proposta ormai pienamente riconoscibile all’interno del filone.
Senza sorprese, si riparte quindi dal mix di aggressioni stentoree e rintocchi atmosferici che – anno dopo anno – abbiamo imparato a conoscere e che ha consentito ai Nostri di scalare posizioni nello scenario metal internazionale, in un flusso dove pieni e vuoti, saturazioni e momenti di rilascio, dialogano vivacemente su uno sfondo propulsivo che ha il grande pregio di convogliare il groove in strutture sempre accattivanti, dinamiche e scorrevolissime, ben lontane dal piattume offerto da certi strombazzati fenomeni contemporanei.
Una tracklist frutto di un gruppo che non ha più nulla da dimostrare in termini di autorevolezza del songwriting, quindi, e che consapevole dei propri punti di riferimento (su tutti, Gojira e i Whitechapel più freddi e severi) si concentra semplicemente sulla realizzazione di brani tanto impattanti e fruibili quanto ricercati da un punto di vista dello sviluppo ritmico e delle stratificazioni sonore, immergendo l’insieme in un’atmosfera apocalittica che l’artwork – curiosamente simile a quello di un classico come “Gateways to Annihilation” – restituisce appieno.
Da non sottovalutare, inoltre, l’apporto di un frontman come Joe Badolato, autore di una prova espressiva e convincente su più registri (incluse le aperture pulite), e di un asso della batteria come Josean Orta, in grado con la sua tecnica puntualmente funzionale ai pezzi di fornire alle tre chitarre una base solidissima su cui poi affastellare le varie soluzioni, fra riff tonanti e viscerali e stralci di melodia che si guardano bene dal suonare banali o distensivi.
Insomma, da qualsiasi angolazione si decida di osservarlo e giudicarlo, complici episodi come “Spoils of the Horde”, “Red Horizon”, la titletrack e “Lurch”, “The Nothing…” ribadisce la caratura dei Fit for an Autopsy e il fatto che anche una corrente vituperata come quella death-core, se affrontata con ingegno e sentimento, possa ambire a qualcosa di più dell’etichetta di ‘musica da mosh o da palestra’, diventando come in questo caso la colonna sonora di un futuro di giorno in giorno più cupo e negativo.
In definitiva, un grande ritorno per una delle massime rappresentazioni del metal estremo moderno degli ultimi anni.