8.0
- Band: FIVE FINGER DEATH PUNCH
- Durata: 00:55:31
- Disponibile dal: 28/02/2020
- Etichetta:
- Better Noise Music
- Distributore: Warner Bros
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Alla fine è accaduto. Dopo sbandate pericolose lo schianto c’è stato e il giocattolo s’è rotto, sotto i riflettori del palco, in pubblica piazza. Il frontman Ivan Moody ha sofferto pubblicamente di ripetute crisi – che hanno costretto la band ad andare in tour con il panchinaro Tommy Vext – per poi finire in rehab forzata, si spera per l’ultima volta. Il batterista Jeremy Spencer ha dovuto gettare la spugna definitivamente, sfiancato da problemi alla schiena e alle ginocchia esasperati all’eccesso dal touring incessante. Oltre a questo ci sono state liti, fazioni, dissidi interni accennati solo in maniera superficiale, che non hanno però impedito alla formazione di Las Vegas di alzare in maniera strafottente la posta in gioco: ecco infatti il Megadethpunch tour, dove le leggende del thrash Megadeth sono chiamate ad aprire (eresia!) un tour europeo in arene e palazzetti che ridimensiona la band nel Vecchio Continente e traghetta il pubblico all’ottavo album in studio.
Incredibilmente “F8” è qui, destinato a marchiare il 2020, e lo chiariamo subito, è davvero una rinascita come anticipava Zoltan Bathory. Non tanto come spiccato rinnovamento, in quanto il DNA della band come il caratteristico sound rimane immutabile: il nuovo batterista Charlie Engen ricalca i pattern di Jeremy Spencer e sono assenti sia gli spunti hard rock di “Wash It All Away” che quelli country di “Blue On Black” e “Outlaws and Outsiders”. Si tratta di una ritrovata forma spirituale, che vede in Ivan Moody consegnare le sue parti più profonde ed introspettive, temprate dalla ricerca della sobrietà (“Living The Dream”, “To Be Alone”, “As Darkness Settles In”), come sempre molto dirette ma mai così sincere e vulnerabili. Non mancano certo gli anthem che hanno reso i Death Punch dei titani della scena stelle e strisce (“Full Circle”, “Inside Out”, “Mother May I (Tic Toc)”), ignoranti immediate e d’impatto, ed in questo senso si registra il secondo importante tratto distintivo di “F8”: in controtendenza con le dimensioni colossali che stanno assumendo i Death Punch, Zoltan ha preso le redini e ha imposto il suo riffing percussivo in quasi tutte le tracce, aiutato dal producer Kevin Churko (ormai il sesto membro del gruppo) nel renderlo più minaccioso, tonante ed imponente del solito, tornando parzialmente al sound degli esordi e garantendo anche qualche riflettore al bassista Chris Kael (“Scar Tissue” su tutte). Certo il suono del secondo disco “War Is The Answer” è acqua passata, perché ogni traccia di “F8” è innegabilmente iperprodotta, con innesti di archi, un uso non necessario del vocoder e una batteria quasi sintetica, che cozza con l’aggressività di brani come “This Is War” o “Death Punch Therapy” nel conquistare il cuore dei metallari; ma d’altro canto è un segno dei tempi che dobbiamo accettare come dato di fatto da chi punta al dominio globale.
Diciamoci la verità: visto lo status raggiunto i 5FDP non hanno bisogno di un buon album per mantenere la propria audience o la propria traiettoria, quindi la ‘solita’ collezione di hit istantanee targata Five Finger Death Punch, più sentita e sincera del solito, sbattuta sul volto con una forza che non si sperimentava da tempo, non può che lasciare a bocca aperta.