6.5
- Band: FLESHCRAWL
- Durata: 00:39:13
- Disponibile dal: 29/11/2019
- Etichetta:
- Apostasy Records
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Il ritorno dei Fleshcrawl è di quelli insperati. Sono infatti trascorsi ben dodici anni dall’ultima prova in studio dei death metaller tedeschi, quel “Structures of Death” accolto tiepidamente da stampa e fan. Scaduto il contratto che la legava alla Metal Blade Records, la formazione bavarese ha evidentemente impiegato parecchio tempo per valutare il da farsi, trovandosi nel frattempo a fare i conti con alcuni cambi di line-up e con un interesse da parte del pubblico in fase calante. Del resto, mentre il gruppo è rimasto in disparte (per giunta dopo avere pubblicato un album un po’ fiacco), tante altre realtà devote ad un death metal vecchio stampo sono balzate agli onori della cronaca, cosa che ha portato il nome Fleshcrawl a restare a lungo dimenticato.
Non sappiamo da quanto “Into the Catacombs of Flesh” fosse effettivamente pronto, ma la Apostasy Records decide di puntare su questi veterani in un momento in cui il revival old school death metal è ancora abbastanza in voga, e la speranza è naturalmente quella di vedere il quintetto tornare ai livelli di affermazione di un tempo, quando si poteva parlare di esso come di una colonna dell’underground europeo. Davanti all’ascolto di questa nuova fatica, di certo non si può mettere in dubbio l’autenticità della band: ciò che propongono oggi – un death metal di chiarissima estrazione svedese, con palesi richiami a Dismember e Carnage – i tedeschi lo suonano dalla metà degli anni Novanta. Al tempo stesso, non si può neanche rimproverare loro un eccesso di nostalgia, dal momento che “Into…” in alcune circostanze prova anche a differenziarsi dalle precedenti opere, mettendo, ad esempio, in primo piano degli influssi classic metal più pronunciati (“Red Streams of Sorrow”, “Of Frozen Bloody Grounds”), oppure guardando per un attimo all’Inghilterra anziché alla Svezia (“Law of Retaliation” è un vero e proprio tributo ai Bolt Thrower).
Bastian Herzog e soci non sono mai stati una band amante delle armonie o della varietà, ma qualcosa è senza dubbio cambiato questa volta, come dimostrano anche le derive tenebrose della titletrack e della conclusiva “Among Death and Desolation”. Purtroppo, però, va segnalata anche una novità spiacevole sul fronte della resa sonora: le tipiche chitarre-motosega sono al loro posto come sempre, tuttavia questa volta la produzione appare profondamente disorganica, con dei suoni di batteria troppo meccanici, una chitarra solista che sembra incollata sul resto e una freddezza di fondo inedita per un gruppo che in carriera ha sempre fatto dell’organicità e della ruvidezza la propria bandiera. Tornando al repertorio musicale, un discorso a parte lo merita infine l’agghiacciante singolo “Mass Obliteration”, il quale appare come uno sconsiderato tentativo di dare ad un brano swedish death metal un taglio festaiolo, come se i Fleshcrawl volessero tutto ad un tratto improvvisarsi dei novelli Onkel Tom. Il famigerato cattivo gusto tedesco non ha davvero limiti se pure un gruppo come quello in questione ha avuto il coraggio di cimentarsi in un’oscenità del genere. Comunque, detto di questa enorme caduta di stile e delle succitate carenze a livello di suoni, “Into the Catacombs of Flesh” riesce a configurarsi ugualmente come un prodotto dotato di una certa verve, dove a tratti è evidente la mano di musicisti navigati che sono genuinamente appassionati al genere proposto. In alcuni casi la band avrebbe senza dubbio avuto bisogno di essere indirizzata e consigliata, ma forse questo ritorno sulle scene farà loro prendere consapevolezza dei recenti sviluppi del mondo death metal e li riporterà del tutto sulla retta via in tempo per il prossimo album. Continuando con una così palpabile passione per la propria musica, questo nuovo capitolo della carriera dei Fleshcrawl potrebbe ancora portare qualche soddisfazione.