7.0
- Band: FLESHGOD APOCALYPSE
- Durata: 00:49:46
- Disponibile dal: 22/08/2011
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Dobbiamo ammettere che “Agony” ci ha fatto sudare un bel po’ e sono occorsi parecchi ascolti per entrare nel mood corretto che ci ha portato ad apprezzare il secondo full length dei Fleshgod Apocalypse. Il motivo di questa nostra riottosità iniziale è dovuto essenzialmente al massiccio utilizzo di orchestrazioni utilizzate dai ragazzi, che spesso e volentieri sopraffanno gli strumenti “classici” e che limitano una potenza di fuoco che rimane comunque devastante. Se anche voi dopo i primi ascolti sarete convinti di trovarvi davanti ad una versione death dei Dimmu Borgir o a delle strutture rimembranti i Bal Sagoth non vi dovete preoccupare, dato che in effetti tutto questo corrisponde a verità. C’è altresì da dire che i ragazzi sono estremamente bravi ed attenti ad evitare passaggi troppo pacchiani (non sempre evitati purtroppo) e che la qualità musicale rimane estremamente elevata, sebbene inferiore a quanto fatto sentire da Francesco Paoli e soci in passato. La musica orchestrale è ovviamente il fil rouge che lega tra loro tutti i lavori della band ed in questo ultimo “Agony”, forti anche di un contratto pesante come quello in essere con la Nuclear Blast la componente classica e romantica è aumentata esponenzialmente, andando a rubare la scena a quelle che sono le partiture più classicamente death. Alcuni episodi sono davvero trascinanti e ben fatti, come ad esempio “The Imposition” e “The Deceit”, brani piuttosto simili, molto intensi e con gli arrangiamenti orchestrali di Francesco Ferrini assolutamente sugli scudi; in “The Imposition” si arriva addirittura vicino a rimandi rhapsodiani, ovviamente inseriti in un contesto estremo. Molto bene anche l’iniziale “The Hypocrisy” e “The Betrayal”, che gode di un finale molto arioso e ben fatto, sebbene distante dal death. Da rimarcare anche “The Oppression”, song impattante ed estrema che al proprio interno ha un gustosissimo break gerschwiniano che conquista sin dal primo ascolto. Episodi brutti non ce ne sono, ad esclusione di “The Forsaking”, mid tempo molle e con poco costrutto. Le rimanenti canzoni non sono male, anche se sono gravate da alcuni difetti che le rendono non all’altezza delle altre; uno di questi difetti sta nella voce pulita del bassista Paolo Rossi, spesso davvero troppo forzata e sempre tesa a raggiungere ottave che non gli appartengono appieno. Inoltre il lavoro di mixing a nostro parere non è stato equilibrato, con gli strumenti elettrici, chitarre comprese, alla continua e vana rincorsa delle orchestrazioni, che spesso e volentieri risultano quasi castranti tanta è la loro prepotenza quando escono dalle casse. I Fleshgod Apocalypse quindi portano avanti ed anzi potenziano quella che è la loro idea di musica; “Agony” ha pregi e difetti in parti quasi uguali, quindi sta a voi capire se vale la pena investirci del denaro o meno. Rimane il fatto che comunque la qualità dei brani e degli interpreti è evidente e, anche se il punto di equilibrio perfetto tra le parti era stato toccato con il debut album, non possiamo fare a meno di apprezzare anche questa seconda fatica. Il passo successivo ora sarà un lavoro con una vera orchestra, che potrebbe davvero lanciare il combo nostrano nell’olimpo dei grandi. Staremo a vedere.