8.5
- Band: FLESHGOD APOCALYPSE
- Durata: 00:57:25
- Disponibile dal: 05/02/2016
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Tra le nuove leve attualmente più in evidenza sulla scena death metal internazionale ci sono almeno due realtà italiane: Hour Of Penance e Fleshgod Apocalypse. Se i primi sono ormai una consolidata realtà nel ricco panorama technical-brutal death metal, i secondi rappresentano una creatura ormai ibrida che, in quanto tale, ha un pubblico molto più trasversale. Se infatti il death metal è sempre la base su cui è costruita la musica dei Fleshgod Apocalypse, le orchestrazioni e gli arrangiamenti corali e sinfonici che il gruppo ha inserito nelle proprie creazioni in quantità sempre maggiore di album in album, hanno permesso al quintetto di raggiungere un pubblico più variegato e anche per questo i favori di una etichetta importante come la Nuclear Blast Records. Non si può certo dire che la label tedesca abbia sbagliato nel dare credito alla band, visto che dopo un album ancora un tantino acerbo come “Agony” e uno parzialmente penalizzato da un mix non perfetto come “Labyrinth”, il nuovo “King” centra in pieno il bersaglio e definisce le coordinate di quello che è ora identificabile come il sound dei Fleshgod Apocalypse. Ora tutto è al suo posto, tutto quadra: le parti orchestrali sono piene e pompose e si intersecano a meraviglia con il death metal tecnico su cui si articolano e composizioni, il tutto contornato da grandi cori, incursioni di cantato pulito e innesti di voce lirica femminile. Rispetto al passato la band ha quindi smussato alcune imperfezioni, come appunto le clean vocals di Paolo Rossi – su “King” molto meno estremizzate e utilizzate con più accortezza – le chitarre ora più potenti e presenti rispetto a “Labyrinth”, e infine le composizioni stesse, tra di loro stilisticamente piuttosto varie, in più episodi dotate di un’ottima progressione e intelligentemente inserite nella tracklist in modo da costituire un continuo cambio di mood e atmosfere. Il mastodontico lavoro svolto sugli arrangiamenti e la produzione a cura di Marco Mastrobuono a livello di registrazione e di Jens Bogren per quanto riguarda invece il mixaggio e mastering, hanno permesso di bilanciare alla perfezione la moltitudine di elementi che costituiscono i dodici pezzi del disco, da noi già analizzati nel dettaglio traccia per traccia. E’ così che a brani caratterizzati da ritmiche indiavolate ad alta velocità, grandi orchestrazioni, cori maestosi e ritornelli orecchiabili – come “In Aeternum” o “And the Vulture Beholds” – si affiancano magistralmente tracce più drammatiche, pesanti e groovy, con solo cantato in growl, come “Healing Through War” e “Gravity”, o altri episodi meno sinfonici come “Mitra”, la traccia più violenta del lotto, dove spicca invece la matrice più tipicamente death metal dei Fleshgod Apocalypse. Completano questo articolato ed entusiasmante quadro la marziale intro “Marche Royale”, ottima per creare la necessaria tensione, la lunga e progressiva “Syphilis” e due canzoni più insolite in un contesto estremo: il Lied piano-soprano“Paramour (Die Leidenschaft Bringt Leiden)”e la conclusiva titletrack pianistica, due perfetti momenti di assoluto rilascio. Il tutto è arricchito da un interessante concept metaforico che, attraverso la figura di un Re, baluardo di integrità in una corte infestata da traditori, e altri personaggi, critica la perdita di valori della società in cui viviamo. “King” è quindi senza dubbio l’opera massima dei Fleshgod Apocalypse, un album che, come il titolo stesso sembra suggerire, è nato per dominare sulla scena del metal estremo sinfonico e per diventare un vero e proprio punto di riferimento.