7.5
- Band: FLESHGOD APOCALYPSE
- Durata: 00:51:42
- Disponibile dal: 24/05/2019
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Parlare dei Fleshgod Apocalypse odierni significa necessariamente confrontarsi con una realtà ben diversa da quella che, ormai un decennio fa, diede alle stampe gli acclamati “Oracles” e “Mafia”, magistrali esempi di death metal anni 2000 in preda a neoclassicismi deviati e atmosfere romantiche. Questo, ogniqualvolta si decida di giudicarne l’operato, è un dato di fatto imprescindibile, il punto su cui basare tutte le successive disamine e constatazioni, nell’ottica di un percorso stilistico affrancatosi da tempo dalla ferocia e dal parossismo dei suddetti esordi. Inutile quindi porre Francesco Paoli e compagni sullo stesso piano degli amici Hour of Penance o di totem del metallo della morte come Morbid Angel e Nile; i termini di paragone, semmai, dovrebbero essere i Wintersun, i Septicflesh post-“Communion” o i cari vecchi Dimmu Borgir, per la volontà (ampiamente espressa nei vari “Agony”, “Labyrinth” e “King”) di fondere un background estremo con elementi sinfonici preponderanti e velleità catchy di chiara ascendenza power metal.
Raggiunto il traguardo del full-length numero cinque, la tendenza non viene ovviamente invertita, e anche se il nuovo “Veleno” si configura come un lavoro più impattante e guitar-oriented rispetto ai precedenti, riflette comunque al 100% la volontà dei Nostri di calcare un terreno di gioco trasversale e poco oltranzista, spazzato da un senso di grandeur che, per alcune frange di pubblico, continuerà a risultare indigesto. Rimandandovi al track-by-track di qualche settimana fa per un’analisi più dettagliata, l’opera punta sulla violenza e sulla sovrapposizione di diversi strati sonori per conseguire un risultato posto bene o male al crocevia tra sfarzosità e concretezza, amalgamando (complice un eccellente lavoro di mixing e mastering) l’apparato orchestrale di Francesco Ferrini con gli assalti guidati dal leader maximo Francesco Paoli. Le chitarre si stagliano nitide e bombastiche, tra dimostrazioni di forza bruta e parentesi melodiose, mentre le ritmiche non concedono granché tregua all’ascoltatore, risultando ancora una volta gli elementi più vicini al passato remoto della band; intorno a questi cardini, cori, sinfonie e tastiere ruotano e si sovrappongono in un clima cinematografico ormai affinatissimo, ben immortalato dal trionfale singolo “Sugar” o dalle varie “Fury”, “Monnalisa” e “Absinthe”.
Alla luce di quanto detto, “Veleno” appassionerà e dividerà in egual misura, svettando comunque all’interno del genere di riferimento in virtù di una ricerca sonora impensabile per tanti colleghi scandinavi. Un sipario maestoso lungi dal calare su questo pilastro del metallo tricolore e mondiale.