8.0
- Band: FLOATING
- Durata: 00:33:29
- Disponibile dal: 11/11/2022
- Etichetta:
- Spirit Coffin Publishing
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In un mercato discografico sempre più affollato di gruppi e nuove uscite, un’opera come “The Waves Have Teeth” rischia seriamente di perdersi nel marasma e di non godere dell’attenzione e della visibilità che meriterebbe. D’altronde, parliamo del classico album sbucato letteralmente dal nulla, frutto di una band giovane e dal curriculum inesistente che, senza passare dalla classica trafila di demo ed EP, ha deciso di tagliare il traguardo del debut album in maniera autonoma grazie a Bandcamp, arrivando poi oggi a stringere un accordo con la minuscola Spirit Coffin Publishing (etichetta gestita dal fondatore del portale online Grizzly Butts) per una tiratura limitata in formato CD e musicassetta. Gli ingredienti per un buco nell’acqua, insomma, sembrano esserci tutti, ma dal canto nostro ci auguriamo che la qualità della musica basti a puntare i giusti riflettori su questa perla di death metal ombroso e progressivo, il cui primo pregio è senza dubbio quello di suonare, se non originale, quantomeno personale. E scusate se è poco, nel 2022.
Il duo di Uppsala, già in combutta nei sordidi e ben più brutali Morbid Illusion, diventa qui l’artefice di un processo alchemico dagli esiti difficili da prevedere, in cui una serie di influenze più o meno riconoscibili creano dei legami chimici affascinanti e sempre pronti a trasmutare il contenuto della proposta, la quale ha tutto del senso di audacia, libertà e vitalità di una band esordiente e con tantissime idee per la testa. Che i Floating siano cresciuti nella Svezia di Tribulation e Morbus Chron/Sweven, ad esempio, è lampante, con vari orditi prog rock (spesso simil-acustici o dal sapore agreste) a germogliare da una base inquieta ed estrema, ma ciò non significa che le suddette parentesi ricalchino pedissequamente quelle degli autori di “The Formulas of Death” o di “The Eternal Resonance”, anche perché il contesto in cui si materializzano è decisamente più acido ed obliquo; quasi una versione ‘sorniona’ di Ulcerate e Gorguts, la quale sceglie di non replicarne la complessità e la pesantezza in favore di un approccio più snello e asciutto, memore del primitivismo degli Autopsy. Infine, assolutamente centrali nello sviluppo e nella costruzione del suono, ecco subentrare una lunga serie di richiami al mondo post-punk/goth rock degli anni Ottanta e al relativo immaginario dolciastro e apocalittico, fra intelaiature ritmiche che potrebbero benissimo provenire da un disco dei Killing Joke e ricami chitarristici da cui è evidente come Joy Divisions e The Cure siano molto più che ascolti occasionali, per il progetto scandinavo.
Detto così, l’insieme potrebbe sembrare azzardato e confusionario, ma se ciò corrispondesse al vero non staremmo parlando di “The Waves…” in questi termini: al contrario, il grande merito di Arvid Sjödin e Andreas Hörmark è proprio quello di essere riusciti a riunire elementi distanti fra loro sotto un cappello di coerenza e spontaneità, facendo della tracklist un flusso pimpante che, fin dalla fantastica opener “The Seep”, non esita a svelare dei numeri da fuoriclasse e una profonda cura per i dettagli (si senta anche la produzione). Da quel momento possiamo dire che non si torni più indietro, cullati da una proposta ora sghemba, ora malinconica, eppure sempre perfettamente dosata, abile a contenersi in una durata sostenibilissima (poco più di mezz’ora) per concentrare al meglio le proprie forze.
Un attestato di cuore e ingegno che la conclusiva “The Floating Horror”, interamente strumentale, sigla in un’escalation di melodie una più intensa e bella dell’altra (vi ricordate “Terminus”?), sancendo un disco ambizioso, insolito e – una volta tanto – davvero sorprendente.