7.5
- Band: FLUKT
- Durata: 00:37:55
- Disponibile dal: 25/10/2023
- Etichetta:
- Dusktone
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Probabilmente non vinceranno un premio per il disco più originale dell’anno, i Flukt, ma che tiro, questi ragazzi! Alla seconda prova di lungo minutaggio, i quattro norvegesi se ne vengono fuori con un album intriso di pura malignità, dove il black metal proposto va ad immergersi nella pece della tradizione scandinava degli anni ‘90 più oscuri. “Omen Ov Darkness” è pedissequo fino alla noia nel seguire i dettami di gente come Mayhem, Gorgoroth, Dark Funeral, Setherial, senza tralasciare eco melodiche di gente come i Dissection: ne rielabora le gesta e prova a riscrivere una storia già scritta ben sapendo di cosa sta parlando.
Non cercano di sorprendere, i Flukt, non ci sono intro né tracce evocative sparse qua e là, solo metallo nero e malefico. Certo, il rischio è di camminare sul sottile filo che divide l’omaggio dal plagio (un momento su tutti, la sin troppo ‘darkthroniana’ “He Who Must Not Be Named”, pur non malaccio grazie ad un paio di riff belli morbosi) e forse non tutto funziona alla perfezione, ma la sensazione complessiva è senza dubbio piacevole. Sarà la foga con cui i Flukt si gettano nella mischia, saranno alcune soluzioni esaltanti in brani come “The Idol In Bronze” – o come la tripletta che apre il disco – oppure la convinzione con cui si elabora “Walls Within Walls (The Burial)”, che sembra uscita da un demo del 1995, ma non si può proprio voler male a un disco del genere.
A dirla tutta, qualche momento veramente banalotto spunta fuori qua e là, a riprova che, focalizzandosi unicamente nella riproposizione di stilemi ben precisi, con trent’anni di storia, qualche passo falso si finisce col farlo; parliamo di qualche momento un po’ rozzo nel legare strofe o passaggi, o di soluzioni non troppo elaborate (“Siste Utvei” soffre di momenti non sempre pienamente a fuoco, ad esempio), ma, nel suo complesso, ad avercene di ragazzi così inviperiti e così ben acclimatati al genere.
Insomma, “Omen Ov Darkness” riesce nel non facilissimo compito di farci rivivere i fasti di un genere sempre in evoluzione e di farci divertire anche quando si ripropone nelle sue vesti più essenziali, ma non per forza basiche; un disco sì semplice all’apparenza, ma composto con una certa sicurezza, per la maggior parte, che ci sentiamo di consigliare a chi amava il black metal prima che diventasse appannaggio di incappucciati e teatranti vari.