8.0
- Band: FLYING COLORS
- Durata: 01:06:29
- Disponibile dal: 07/10/2014
- Etichetta:
- Mascot Records
- Distributore: Edel
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Nutrivamo di sicuro buone aspettative per il comeback discografico dei Flying Colors, supergruppo formatosi nel 2011 dall’unione di membri di due realtà note del panorama hard & progressive, che rispondono al nome di Transatlantic e Dixie Dregs, ma davvero non ci aspettavamo tanto! Il gruppo (non è più il caso di parlare di progetto) composto da Mike Portnoy (Dream Theater), Steve Morse (Deep Purple), Neal Morse (Spock’s Beard), Dave laRue (Dixie Dregs) e Casey McPherson (Alpha Rev) riesce infatti già con questo secondo album a regalarci un vero piccolo capolavoro, inaspettato sia per la esagerata qualità presente che per scelte stilistiche che a seguito del debutto erano ancora quasi invisibili. Con la formazione del lavoro omonimo rimasta invariata non c’erano infatti elementi per aspettarsi uno scartamento di genere più di tanto marcato; ma di fatto da quello che si poteva definire come un rock progressivo abbastanza radiofonico, siamo scivolati verso un prodotto che ora è marcatamente progressivo, alla stregua però di Transatlantic e Spock’s Beard, piuttosto che Dream Theater. Ma ciò che veramente ci lascia con la bocca aperta in “Second Nature” sono quelle influenze di contorno che sembrano provenire da band rock di uno spettro molto più ampio, quali Queen e Pink Floyd; influenze che con echi di classe e genialità permeano tutte le tracce di questo splendido lavoro. Ad aprire il disco troviamo la lunga suite “Open Up Your Eyes”, che nonostante i suoi tredici minuti non ci fa assolutamente pesare il proprio ‘ingombro’: l’ascolto scorre invece tranquillo, appoggiato su una struttura ben più schematica di quanto si possa immaginare quando si parla di canzoni di questa durata ed arricchito da melodie e inserti veramente molto radiofonici. Subito agli occhi saltano la classe immensa di Steve Morse in fase solista e l’importanza fondamentale delle tastiere dell’altro Morse, Neal. “Mask Machine” è invece un perfetto singolo, dotata di un buon tiro, un riff che si imprime subito in testa e di una certa modernità che ci piace, perché ci parla dei Flying Colors come di una band attuale e cangiante, non semplice copia dei Transatlantic. “Bombs Away” è se possibile ancora più bella, con un gioco iniziale tra la chitarra di Morse e il basso di LaRue veramente strappa-applausi e una sezione di canti nel ritornello davvero interessante. La ‘ballad’ ”The Fury Of My Love” (ma ha davvero senso parlare di ballad in un disco del genere?) ci rivela tantissimo della carriera solista del tastierista Neal Morse, mostrandoci però anche un Portnoy abbastanza inedito, più prono ad accarezzare la batteria che a martellarla come al solito. “A Place In Your World” si pone invece come uno dei pezzi più progressivi del lotto, con l’ombra di Portnoy qui assolutamente più marcata. Posto che comunque l’approccio alle melodie dell’ottimo McPherson rimane estremamente melodico, apprezziamo il senso di sicurezza che il pezzo ci dà, riagganciandoci ancora una volta alla discografia dei Transatlantic. La corta “Lost Without You” è un breve intermezzo melodico, affidato prevalentemente alla calda vocalità di McPherson, ma è forse l’unico pezzo che ha stentato un po’ ad entrare nella nostra mente, se non fosse per il solito, straordinario, assolo di Steve Morse. Poco male però, perché le ultime tre canzoni dell’album sono forse le migliori! Prima, in ordine cronologico, troviamo la geniale “One Love Forever”, introdotta da un fraseggio di chitarra che ci rimanda in qualche modo a quell’intro della bellissima “Loser” dell’album “The Human Equation” di Ayreon… qualcosa che veramente ci fa spalancare la bocca! La successiva “Peaceful Harbor” è in assoluto il nostro pezzo preferito, con una struttura, un’emozionalità e delle sonorità che non possono non richiamare alla mente “On The Turning Away” dei Pink Floyd, con qualcosa dei Queen però in più, e con una conclusione corale sulla falsa riga di “The Spirit Carries On” dei Dream Theater. Spettacolare! La suite “Cosmic Symphony” riprende in mano le redini della suite iniziale e sfrutta tutti i suoi undici minuti per chiudere al meglio il disco, presentandoci tra l’altro l’assolo più bello tra quelli incisi da Steve Morse su questo disco. Che dire d’altro… quando la musica che ci viene regalata è così bella, non si può che stare zitti e ascoltare!