7.0
- Band: FOO FIGHTERS
- Durata: 00:36:32
- Disponibile dal: 05/02/2021
- Etichetta:
- RCA
- Distributore: Sony
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Non dev’essere facile essere Dave Grohl, almeno dal punto di vista musicale. Sei simpatico a tutti, hai fama di grande intrattenitore – specie dal vivo, hai collaborato con tutti i tuoi eroi dell’adolescenza, eppure i Foo Fighters mancano ormai da diversi anni il salto di qualità definitivo che li consacri eroi assoluti dell’hard rock da stadio, piuttosto che una band da classifica che sappia occhieggiare al pubblico dai gusti più sanguigni. “Medicine At Midnight” non è certo un disco epocale, ma mostra chiaramente i segni di una band che sa di necessitare un cambio di passo, e mette in campo diverse idee nuove. Confermata la formazione a sei, coerentemente allo status di band da arena, si moltiplicano evidentemente anche le influenze. Ci sono tanti anni Settanta, tra accattivanti cori femminili (“Making A Fire”) e arrangiamenti retrò, con non pochi elementi funky; “Shame Shame”, per esempio, unisce ritmiche in levare a un tocco oscuro molto peculiare, mentre un riff sincopato e voci calde caratterizzano “Cloudspotter”. C’è come sempre spazio anche per brani delicati e acustici; il singolo “Waiting On A War” è la più classica delle ballate dei Foo Fighters, similare per sonorità e melodia a “Best Of You”, con un adrenalico crescendo finale che viene completamente stravolto nella successiva titletrack, un brano che unisce la loro anima rock alle influenze soul/funky già descritte. Restano ovviamente i riffoni e i passaggi più abrasivi: “No Son Of Mine”, oppure “Holding Poison”, vicina ai Queens Of The Stone Age di “Song For The Deaf”, non a caso il disco che vedeva Grohl dietro le pelli. Il finale è affidato a “Love Dies Young”, che probabilmente sintetizza quanto detto finora: le chitarre energiche si fondono presto con il crescendo di batteria di un Hawkins sempre più centrale nel sound della band e con un bel pattern di tastiere in accompagnamento, su cui Dave pennella una delle sue linee vocali più accattivanti di sempre.
L’anima puramente rock dei Foo Fighters si mette qua e là in disparte in maniera netta, ma rispetto ad un paio di dischi decisamente deboli usciti negli ultimi anni, ci pare che la band stia trovando una sua nuova voce, decisamente più melodica, ma non meno piacevole. Non è un disco di grandi hit, ha degli evidenti momenti discontinui, ma sembra indicare una possibile strada per il futuro, e conferma comunque le doti di un compositore che si diverte ancora a fare musica per sé, ma anche per il suo pubblico, sempre più maturo.