7.0
- Band: FORTID
- Durata: 00:53:56
- Disponibile dal: 13/10/2023
- Etichetta:
- Prophecy Productions
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Ormai da tempo non più ascrivibili unicamente al polistrumentista Eldur ma band a tutti gli effetti, i Fortid tornano sul mercato con il settimo album, “Narkissos”; pur non rinnegando le proprie tematiche liriche prettamente nordiche, gli islandesi affrontano qui il mito greco di Narciso, andando a rielaborarne il concetto descrivendo un’ossessione per se stessi, e utilizzandolo per narrare le gesta di una persona giovane e violenta che manipola gli altri svelando, infine, una propria natura paranoide e autocommiserativa che lo porterà a finire la propria vita in solitudine e abbandono.
Ovviamente un concept di questo tipo non potrà che avere una colonna sonora pregna ed epica, e non manca tale caratteristica nella musica dei Fortid, che confermano i percorsi intrapresi nelle ultime prove e, anzi, allontanandosi progressivamente dalle coordinate di un ‘semplice’ death black metal che li connotava, abbracciano a piene mani un metal estremo a tutto campo.
Il disco infatti, sebbene risieda presso lidi pesanti, svela una componente melodica per tutti i suoi cinquanta minuti, ben amalgamandosi alle costruzioni spesse volte malinconiche qui presenti; se le incarnazioni precedenti andavano a pestare un po’ di più l’acceleratore verso lidi annichilenti (mai però privi di musicalità), in “Narkissos” siamo decisamente di fronte ad un heavy metal ben aggrappato al viking metal, estremo ma mai del tutto accecato dall’ira (si senta un brano pur spinto come “Tìmans Or” quanto gioca sulla dicotomia piano-forte).
Vengono più in mente nomi come In Vain, Borknagar o Insomnium (e non sarà del tutto un caso l’ospitata di Niilo Sevänen proprio degli Insomnium nella canzone che dà il titolo al disco) che i Bathory, e in generale si respira un’aria che pure non dimentica accelerazioni taglienti e riffing serrato, ma lo si fa sempre all’interno di un cerchio sonoro più intento a narrare drammaticamente le gesta del protagonista di questo disco; ad esempio un brano come “Uppskera” racchiude un po’ tutti gli elementi di questo corso dei Fortid, come anche “Illt Skal Með Illu Gjalda” mostra una natura piuttosto eclettica (seppure coi piedi ben piantati sul terreno), bilanciando anche nella prova vocale tanto uno screaming velenoso quanto un evocativo canto pulito.
Insomma, a fronte di una esecuzione strumentale senza sbavature e di un gusto particolarmente raffinato nelle chitarre, con degli assoli esaltanti e decisamente heavy, e un uso ben dosato delle tastiere, possiamo dire che i Fortid confermano una sicura armonia nella propria proposta, mettendo sul piatto un album ‘autunnale’ e venato di rabbiosa tristezza, disinteressato alle etichette, da ascoltare in cuffia e da godere nelle proprie trame solo apparentemente semplici ma in realtà ben congegnate, sebbene probabilmente non trascendentali.
“Narkissos” è un lavoro godibile, non va a toccare chissà quale vetta ma fa il suo lavoro, e va bene così: pur non essendo un disco da portare con sè su un’isola deserta, si compone di canzoni ben scritte, che mostrano qualità e mestiere, pur non cercando chissà quale soluzione creativa o innovazione. Non è un male, ma in un mercato così affollato, il rischio di una band come i Fortid odierni è quello di perdersi tra i quintali di uscite di pari fattura, buonissima sì, ma forse non memorabile.