7.5
- Band: FOSSILIZATION
- Durata: 00:36:35
- Disponibile dal: 08/09/2023
- Etichetta:
- Everlasting Spew Records
Spotify:
Apple Music:
Il primo full-length dei Fossilization è il frutto di una politica dei piccoli passi che ha visto il gruppo brasiliano – nato, lo ricordiamo, da una costola del progetto death/doom/sludge Jupiterian – mettersi inizialmente alla prova con un paio di uscite minori molto ben accolte nell’underground, le quali sono servite ad affinare un suono oggi abbastanza maturo da potersi esprimere sulla lunga distanza senza azzardarsi oltre le proprie possibilità, finendo magari per girare a vuoto in uno scenario sempre più conteso da band affini.
Licenziato come l’EP “He Whose Name Was Long Forgotten” e lo split in compagnia dei Ritual Necromancy dalla nostrana Everlasting Spew, in concomitanza di un tour europeo con tappa al prestigioso Kill-Town Death Fest, “Leprous Daylight” ripresenta la musica del duo di San Paolo sospinta dalla solita carica tenebrosa e ieratica, esplicitando però l’intenzione di sacrificare parte della matrice death/doom finora riconducibile al moniker in favore di un’intensità prettamente death metal.
Meno Mortiferum/Spectral Voice e più Dead Congregation/Maveth, volendo chiamare in casa qualche nome di un certo peso, per una scelta stilistica che, a fronte del proliferare di realtà nate in seguito all’ascolto di un “Altar of Decay” o di un “Necrotic Doom”, ci sentiamo di appoggiare; preservando comunque il proprio immaginario e la propria estetica, i Fossilization sono infatti riusciti ad affrancarsi da un trend inflazionatissimo che – in maniera del tutto logica e prevedibile – sta perdendo un po’ di mordente sugli ascoltatori più scafati, proprio come avvenuto con il revival swedish death metal non troppi anni addietro.
Il cambio di rotta, come anticipato, si accompagna ad una scrittura nuovamente a fuoco e ad una cura dei suoni scrupolosissima (in rapporto al genere, almeno), e richiama all’attenzione nel giro di pochi secondi, tempo che l’intro dolente di “Archæan Gateway” ceda il passo a “Once Was God” e al suo muro di riff e blast-beat dall’Inferno, a sua volta accompagnato da un growling implacabile che sembra davvero capace di frantumare la crosta terrestre. Una colata lavica che non accenna ad arrestare la propria avanzata con le successive “Oracle of Reversion” e “At the Heart of the Nest”, episodi in cui la rinnovata barbarie della formazione non manca di legarsi a doppio filo ad una serie di cambi di tempo puntuali e ad una vena melodica sottile ma costante, la quale marchia i passaggi salienti e sottolinea il carattere emotivo della proposta.
Certo, anche in questo caso è difficile parlare dei Fossilization come di una realtà personale e riconoscibile fra mille, tuttavia – vuoi per l’efficacia di molti episodi della raccolta (aggiungiamo la title-track e, soprattutto, la conclusiva “Wrought in the Abyss”), vuoi perché i Nostri suonano più autorevoli nelle vesti di cugini sudamericani dei Corpsessed – la loro evoluzione irretisce e convince, gettando i semi per un prosieguo di carriera che si spera possa coincidere con un’ulteriore crescita dal punto di vista identitario.
Chi può, non se li perda in occasione delle imminenti date live a Milano, Roma e Bologna con gli Altars.