7.5
- Band: FRACTAL UNIVERSE
- Durata: 00:52:53
- Disponibile dal: 25/06/2021
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Creativo, dinamico, intimo ma anche cupo, enigmatico, insormontabile. Basterebbero questi sei aggettivi per riassumere in modo chiaro ed esauriente il nuovo lavoro dei Fractal Universe? Probabilmente sì, ad un primo ascolto però? Già al secondo giro di boa, infatti, quella serie di attributi potrebbe sicuramente accogliere nuove voci, se non addirittura cambiare drasticamente. Album complicato? O semplicemente aperto a più interpretazioni? Quel che conta è che il terzo disco del gruppo di Nancy sarà in grado di stupire proprio per la sua estrema versatilità d’intenti: meno diretto del debutto targato “Engram Of Decline”, più intricato del precedente “Rhizomes Of Insanity”, il qui presente “The Impassable Horizon” riesce a raccogliere gli spunti migliori da entrambe le release, dando vita ad una creatura multiforme, perfettamente rappresentata dalla misteriosa ed ammaliante cover prima che gli oltre cinquanta minuti previsti ne diano la giusta e sublime testimonianza sonora. Techno death, prog, jazz, in aggiunta ad una prestazione vocale del mastermind Vince Wilquin che segue di diritto la varietà della proposta. Clean e growl vanno a braccetto lungo l’asimmetria generale, creando dei piacevoli quanto sorprendenti ossimori sonori. I paragoni, o semplicemente i rimandi ai vari Obscura, Opeth, Gojira, The Forceless o ai Tesseract, possono a questo punto allontanarsi dall’ispirazione intrinseca dei Fractal Universe, capaci di circoscrivere un proprio genere, opportunamente virgolettato, condensandolo in un qualcosa che va oltre la semplice sperimentazione.
Quello che traspare dai vari brani (basterebbe il terzetto iniziale per avere una prima conferma) non è la presunzione del saper suonare bene, quanto piuttosto la voglia di mettere in musica il messaggio inerente l’eterna ansia umana circa l’esistenza o meno di un’aldilà, basato sul concetto di ‘essere per la morte’ espresso dal filosofo tedesco Martin Heidegger. Dieci capitoli, impreziositi dalla superba versione unplugged di “Flashes Of Potentialities” contenuta in “Rhizomes Of Insanity”, in cui vengono snocciolate le mille sfaccettature di questa perenne diatriba esistenziale. Un orizzonte inevitabile e sostanzialmente invalicabile verso il quale Wilquin e compagni si gettano a capofitto, alzando onde, smussando angoli, scolpendo lacerazioni, scandendo ritmiche leggiadre e furenti nello stesso tempo.
Articolazioni che trovano immediata dimostrazione nell’opener “Autopoiseis”: un titolo che fa riferimento alla capacità di un sistema di autoriprodursi, interagendo continuamente con l’ambiente che lo circonda; ed è esattamente questa costante mutazione a costellare l’intero brano, tempestato da folgoranti variazioni di ritmo, in coabitazione con i vocalizzi dello stesso Wilquin. Scenari che cambiano vorticosi, acquisendo ulteriore fascino nella successiva “A Clockwork Expectation” in cui entra in gioco una delle armi vincenti di “The Impassable Horizon”. Se infatti in “Rhizomes Of Insanity”, aveva fatto la sua comparsa il sax in un passaggio di “Fundamental Dividing Principle”, suonato per l’occasione dal padre del bassista della band Hugo Florimond, è ancora una volta Wilquin ad ergersi a protagonista imbracciando lo strumento per stuzzicare magicamente l’andamento del pezzo. Sax che troverà nuovamente spazio nei brani a seguire, come nella raggiante e malinconica “Black Sails Of Melancholia” o nell’aggressiva “Withering Snowdrops” ottenendo risultati davvero convincenti. Le divagazioni proseguono in continuazione con “Interfering Spherical Scenes” e “Symmetrical Masquerade” a completare la parte prog dell’album, lasciando alla menzionata “Withering Snowdrops” il ruolo di manifesto assoluto di questo terzo lavoro prodotto dal quartetto francese. Una molteplicità d’impatto sonoro in grado di solleticare più di un palato. Un orizzonte sì invalicabile ma nel quale si naviga piacevolmente. A voi quindi il prossimo aggettivo.