6.0
- Band: FROZEN SOUL
- Durata: 00:42:23
- Disponibile dal: 19/05/2023
- Etichetta:
- Century Media Records
Spotify:
Apple Music:
Evidentemente è già tempo di smussare gli angoli per i Frozen Soul. Dopo un debut album con cui i ragazzi texani hanno cercato di porsi come nuova realtà da tenere d’occhio del panorama death metal a stelle e strisce, per questo secondo full-length la loro parabola evolutiva è stata invece affidata a Matt Heavy dei Trivium, il quale ha preso il gruppo sotto la sua ala vestendo i panni di guida e produttore di “Glacial Domination”.
Rispetto al recente passato, il cambio non è netto ma comunque piuttosto evidente: da un death metal dalle velleità old school, tanto nell’indole quanto nella produzione, il quintetto ha fatto alcuni passi verso un suono più nitido e orecchiabile, evitando di far riecheggiare in ogni singolo episodio riferimenti a Bolt Thrower e Obituary. Le chitarre, sovente ‘trattate’ e ripulite da Heafy, si affidano in qualche occasione a riff più snelli e melodici, mentre l’elemento groove talvolta prende una piega più moderna; con questi ingredienti si va quindi ad ampliare la gamma di influenze alla base della musica, proiettando quest’ultima verso un target non necessariamente ‘true’.
La tracklist, in ogni caso, si snoda con una sua coerenza, offrendo una serie di canzoni che danno l’idea di essere state attentamente studiate per venire riproposte dal vivo con la massima efficacia. “Arsenal of War” è oggettivamente un bel singolo nel suo unire con indubbia verve lo storico background e la rinnovata indole ‘catchy’ del gruppo; ugualmente incisiva è quindi la successiva “Death and Glory”, anche se qui, almeno nella seconda parte, il death metal resta solo di facciata, lasciando invece campo a trame groovy e arroganti che non sfigurerebbero su qualche vecchio disco di hardcore metallizzato della East Coast. Più banali, invece, la title-track e l’autocelebrativa “Frozen Soul”: qui la band mette gli strumenti al servizio di una sorta di robusto heavy metal ‘da stadio’ accostabile alle ultime prove degli Amon Amarth, con, nel caso della seconda, qualche influsso dei Carcass più melodici. Di certo i cinque non erano dei mostri di tecnica, estro e complessità neanche in passato, ma questo tipo di brani abbassa ulteriormente la profondità della proposta, evidenziando più che mai quello status di ‘entry level’ che già aleggiava su di essa.
Alla fine dei conti, i Frozen Soul non sono dei cattivi musicisti, ma, come tante altre giovani formazioni death metal spuntate di recente (si prenda come esempio una buona fetta del catalogo Maggot Stomp), ascoltando il loro operato si ha spesso l’impressione che si tratti di ragazzi passati dall’ascoltare tutt’altro a suonare death metal nel giro di una notte. Rispetto a “Crypt of Ice” si può dire che “Glacial Domination” si lasci ascoltare più volentieri – grazie in primis a un’andatura più variegata – ma i Frozen Soul devono ancora lavorare su songwriting, attitudine e personalità per evitare di risultare alla lunga innocui o per sperare di venire messi sullo stesso piano di chi questo genere lo vive e lo suona davvero.