8.0
- Band: FULL OF HELL
- Durata: 00:23:03
- Disponibile dal: 25/11/2014
- Etichetta:
- Profound Lore
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C’erano dubbi? Poteva non finire in carneficina un connubio simile? Ovviamente no. Dio li ha fatti, li ha accoppiati e loro hanno accoppato Dio stesso. Non viene in mente altro modo di spiegare lo strazio infinito che è questo disco, se non rimarcare il fatto che sia un vero cataclisma di violenza, un vero supplizio. Lo avevamo capito quando uscì “Rudiments of Mutilation” che i Full of Hell fossero una delle band hardcore più vili e violente mai esistite, ma due cose invece ci erano sfuggite. Primo: la velocità vertiginosa con la quale maturano, tanto da sembrare una band completamente diversa e tremendamente più evoluta a distanza di un semplice disco. E secondo, come la loro voracissima forma di grind, powerviolence, noise rock e hardcore sia una delle cose più abrasive, feroci e spietate che ci siano oggi in circolazione. Aggiungiamo all’inferno sonoro dei Full of Hell un pizzico della musica più scorticatrice e crudele che esista, ovvero l’abominio sonoro dell’ormai leggendario dio del noise Masami Akita, e capirete subito che abbiamo di fronte un album da lasciarvi spellati vivi, dopo aver tentato di sbranarvi. Sarà stato il budget della Profound Lore in fase di registrazione (applausi per aver creduto in un progetto simile) a rendere così potente il sound dei Full of Hell, non ci è dato saperlo, ma fatto sta che stavolta la band fa davvero pura. Non solo siamo di nuovo dinanzi ad un carico di violenza inimmaginabile per lo stile, ma ora ci si mette anche il suono a rendere i Full of Hell un abominio auditivo degno dei peggiori incubi: suoni grossi, spessi ed incompromissori hanno creato un album tirannico per violenza, un lavoro in cui la distruzione comanda con il pugno di ferro. Ritmiche frenetiche, spastiche e imprevedibili creano un vero saccheggio sonoro in cui pare che la band stia implodendo su se stessa in una escalation di violenza paurosa, lottando per non finire ammazzata dalla sua stessa energia cinetica. Pare si muova in moto continuo, accecata da un delirio incomprensibile e dal panico di finire schiacciata dal suo stesso peso. La grassezza e muscolosità del suono derivati da una produzione bombastica ed estrema che non ha lasciato nulla al caso, sembra aver di fatto trasformato la band in una belva tutta nuova, in un orrore incontrollabile assimilabile ad un certo modo di intendere il death, il grind e il black metal estremo, vedasi per esempio i casi di band come Harassor, Ritual Necromancy, Fukpig, primi Anaal Nathrakh, Knelt Rote et similia, mentre l’attitudine, il modo di approcciare la composizione rimangono assolutamente una faccenda guerrafondaia e omicida, di chiara derivazione hardcore e powerviolence, e in queste vili e fameliche coltellate di rabbia si intravedono come spauracchi le sagome inconfondibili di band come Nails, Column of Heaven, Iron Lung, Man Is the Bastard, Plutocracy, Charles Bronson, e di altri campioni di rabbia iconoclasta simili. Siccome siamo tutto tranne che in presenza di gente normale che ha intenzione di fare le cose in maniera tradizionale, pur nel proprio estremismo, non bisogna neanche stupirsi di trovare in questo disco momenti di decomposizione auditiva totale, fasi di coma allucinatorio che possono ricordare lo sludge doom infestato dal noise di band come The Body e Thou (“Thrum In The Deep”, “High Fells”), come l’harsh noise più abrasivo (“Mute”, “Ludjet Av Gud”, “Raise Thee, Great Wall, Bloody And Terrible”), come anche di noisecore puro che va a sfondare a testa bassa il muro dell’avantgarde più surreale, basta sentire il sassofono perso nel mare di dissonanze sanguinanti presente sulla conclusiva “Fawn Heads And Unjoy” e nella malatissima e deforme “High Fells”, sorta di indemoniamento in chiave harsh-noise dei Naked City o dei Painkiller. Su tutto poi, come se non bastasse, regnano incontrastate le scorticazioni audiosonore del dio del noise, Merzbow, il quale è riuscito a far spronfondare un lavoro già di per sè sfuggito ad ogni controllo in un abisso di pazzia omicida davvero difficile da quantificare o definire. Ad ogni modo questo è un disco che non segue alcuna moda, alcuno stile o alcun trend. Non fa parte di alcuna scena o alcun genere di riferimento. E’ pura e semplice violenza, insensata, irrazionale e ingovernabile, una sorta di trionfo di indipendenza creativa virato all’annientamento totale. Un lavoro che non ha regole, e che forse proprio per questo sembra il suono dell’anarchia totale, del chaos che divora tutto, dell’entropia che si mangia il mondo. E’ un disordine monumentale ed estremamente violento e crudele che a tratti sembra anche difficle da capire. Insomma, è un vero trionfo di personalità.