7.5
- Band: FULL OF HELL
- Durata: 00:24:47
- Disponibile dal: 17/05/2019
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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Ci sono voluti due anni e un intermezzo sotto forma di un’altra collaborazione con i The Body – “Ascending a Mountain of Heavy Light” – ma per un nuovo disco targato Full Of Hell era solo una questione di tempo. Del resto, quello che non è mai mancato alla formazione statunitense, e che l’ha portata ad essere uno dei primi punti di riferimento dell’underground estremo più deviato dell’ultimo decennio, sono la notevole prolificità e il praticamente incessante slancio alla ricerca di nuovi suoni ed esperienze. Uno stile che nel corso della carriera è venuto a mutare, avviando traiettorie che, partendo da una chiara base hardcore e powerviolence, l’hanno avvicinato negli ultimi tempi anche a cadenze death metal e a sempre più definiti esperimenti industrial e power electronics.
“Weeping Choir”, il primo lavoro del gruppo per Relapse Records, è l’ennesima rivisitazione verso un futuro tutto da riscrivere. Un disco denso di spunti, dalle perenni atmosfere caustiche e con quell’approccio ‘free’ e audace che da tempo accompagna le produzioni del quartetto sempre bene in evidenza. Si parte chiaramente da quanto espresso sul disco precedente, il fortunato “Trumpeting Ecstasy”, ma la resa sonora appare ancora più levigata e la mano della band sempre più sicura, con riff di chitarra e pattern di batteria mai così distinti e ripuliti. Di nuovo, i Full Of Hell non si precludono niente: le influenze arrivano da ogni dove, la tracklist sovente si spezza e si contraddice, passando da episodi tiratissimi e convulsi a composizioni dal mood sommesso, per poi tornare al grind, al black metal e a strappi lancinanti di varia natura. L’album assume sostanzialmente i connotati di un mix-tape: una raccolta di diverse esperienze sulle quali convergono agilmente la tradizione, la sperimentazione e la stravaganza tanto care alla band. Un altro disco che necessita di diversi ascolti per schiudersi e farsi comprendere del tutto, ma un lavoro che resta coeso, una prova che mette in luce anche e soprattutto la sempre più solida preparazione di Dylan Walker e compagni, ora capaci di caratterizzare al meglio ogni brano e di renderlo interessante e incisivo anche quando slegato dal marasma generale e preso singolarmente. Insomma, un’opera dall’azzeccato tempismo narrativo, che mette d’accordo tutti e concilia le mille sfaccettature del percorso musicale intrapreso dai Full Of Hell, qui, con tracce come “Burning Myrrh” o “Armory of Obsidian Glass”, forse all’apice della carriera.