9.0
- Band: GAMMA RAY
- Durata: 00:54:47
- Disponibile dal: 23/09/2005
- Etichetta:
- Sanctuary Records
- Distributore: Edel
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Quattro anni di silenzio, e già il mondo degli amanti dello speed metal melodico temeva il peggio. Due album contenenti pezzi già editi (un greatest hits rivisto e corretto ed un doppio live) , intervallati da un album, “No World Order”, tutt’altro che esaltante, la dicevano lunga sulla scarsa vena creativa dei tedeschi, ma ecco che ora spuntano sulla scena con questo “Majestic” e spazzano via tutti i cattivi pensieri fatti. I Gamma Ray sono tornati, e sono davvero in formissima. Iniziamo dalla produzione, in perfetto stile Gamma, con chitarre ben presenti, batteria pulsante e tastiere maestose, di cui è perfetto esempio l’opener “My Temple”, in perfetto stile “Somewhere Out In Space”, ovvero potenza e melodia unite da un sottile filo di aggressività controllata. Trova spazio nella song anche un intermezzo davvero molto molto simile alla famosissima “Sabbath Bloody Sabbath” dei Black Sabbath (speriamo che la citazione sia volontaria). Ricchissima di strati e di arrangiamenti è la successiva “Fight”, dove il rinnovato Kai Hansen si trasforma in un folletto magico, capace di evocare emozioni forti attraverso le sue melodie: sicuramente uno dei migliori pezzi del lotto, e molto epica inoltre la parte che precede l’ultimo ritornello. Un inizio quasi AOR introduce “Strange World”, per poi trasformarsi in una mazzata cadenzata, efficace ed ammiccante. “Hell Is Thy Home” è uno dei pezzi più potenti mai composti dai tedeschi, e lascia intravedere nuovi spiragli per la band, perché la band quando pesta lo fa bene, e si sente! In più di un’occasione sembra di sentire i vecchi Blind Guardian! E’ inutile anche solo provarci, questo album è stupendo, c’è poco da dire! La Judas-Priestiana “Spiritual Dictator”, la cadenzata ed oscura “Majestic”, l’epica “Revelation” si riuniscono come piccoli grandi tasselli di un puzzle a formare la scritta ‘capolavoro’. E non sapete la gioia del sottoscritto nell’assistere al rinnovato stato di forma di questa band, indubbiamente uno dei capostipiti del genere, che ultimamente stava purtroppo perdendo il mordente di un tempo. Un Kai Hansen in formissima (sia compositivamente che tecnicamente parlando), un Henjo Richter in stato di grazia, un Dan Zimmerman sempre potente e preciso, un Dirk Schlachter sempre pulsante e variegato, non possono creare nulla al di fuori di un lavoro dalle possibilità illimitate, che probabilmente riappacificherà la band con i suoi vecchi fan, delusi dalle prove mediocri di “Powerplant” e “No World Order”. Un nuovo inizio sicuramente, ed una nuova conferma per chi ha sempre creduto nelle potenzialità di Hansen e soci.