
8.5
- Band: GATES OF ISHTAR
- Durata: 00:33:03
- Disponibile dal: 15/06/1996
- Etichetta:
- Spinefarm
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Di band che hanno ottenuto meno di quello che avrebbero potuto è piena la letteratura metallica, e gli svedesi Gates Of Ishtar ne fanno parte a pieno titolo, senza tanto rifletterci su. Attenzione però, non stiamo parlando di capolavori assoluti rimasti completamente sconosciuti, ma piuttosto di buonissime band – con carriere promettenti – che poi non sono mai decollate per vari motivi; nomi che col tempo possono essere rimasti in qualche modo ‘nascosti’ agli ascoltatori delle decadi successive.
Nel caso dei Gates Of Ishtar, l’immobilismo che ha seguito la pubblicazione dello splendido debutto è stato forse l’ostacolo più importante, complici gli svariati cambi di formazione; anche il passaggio dalla più centrale Spinefarm ad una label ‘operaia’ come la tedesca Invasion può avere contribuito a bloccarne in parte le possibilità. In ogni caso, quando andiamo a discutere di “A Bloodred Path”, ci rivolgiamo alla parte decisamente ‘felice’ della carriera dei Nostri, ovvero agli anni 1995-1996 con l’acclamato demo “Seasons Of Frost” e il contratto Spinefarm.
L’etichetta finlandese, al tempo, stava pubblicando capolavori come “Skydancer” dei Dark Tranquillity, “North From Here” dei Sentenced e “Forests Of Witchery” dei Thy Serpent. Dal canto loro, i Gates Of Ishtar venivano dal celebre demo che li mostrava come una solidissima realtà in grado di inserirsi in quel death metal di Götheborg che si stava sviluppando velocemente grazie a Dark Tranquillity (appunto), In Flames ed Eucharist.
I quattro pezzi di “Seasons Of Frost” si muovevano su un death metal squillante, strutturato ed epico, davvero molto simile ai Dark Tranquillity dei primi tre album e agli In Flames di “Lunar Strain” e del mini “Subterranean”, ma mostrava anche debiti verso le strutture complesse dei primi At The Gates e del black metal melodico di gente come Dawn, Dissection, Sacramentum e Vinterland. Stiamo parlando di una scuola sviluppatasi su un songwriting di riff complessi, ripartenze e di una certa tecnica esecutiva, senza però sfociare mai nel progressive o nel death metal propriamente tecnico: il risultato è quasi sempre memorizzabile dopo pochi ascolti, anche se non è sempre possibile distinguere ritornelli veri e propri.
“A Bloodred Path” è esattamente questo: la strumentale “Inanna” è un bellissimo preludio che parte con incastri di batteria affini a quelli di “Punish My Heaven” dei Dark Tranquillity, mentre “Where The Winds Of Darkness Blow” è un modello di aggressività nordica che sarà ben ripreso in futuro più volte anche dai Children Of Bodom. Procedendo con i brani, tramite i Gates Of Ishtar emerge l’altro elemento tipico del suono di Götheborg: la discendenza diretta dall’heavy classico degli Iron Maiden e della NWOBHM, con le chitarre gemelle, il basso in evidenza e le cavalcate epiche ad alternarsi ai tipici tempi veloci più death metal.
Dopo ripetuti ascolti, “A Bloodred Path” è un disco – seppur complesso strumentalmente – facilissimo da assimilare e, pur con tutti i suoi lati deboli causati dal tempo che ci separa dalla sua uscita (la copertina, vista oggi, è decisamente cartoonesca e non poteva assolutamente competere con le band più in vista) è invecchiato più che bene, grazie anche alla produzione dei celebri Tico-Tico Studio (Demigod, Impaled Nazarene, Sonata Arctica).
Come detto, dopo questo disco, i Gates Of Ishtar proseguirono con altri due buoni lavori prodotti dalla tedesca Invasion (etichetta con un certo fiuto, che all’epoca sostenne Mithotyn, i primissimi Cryptopsy, Defleshed e Infestdead), troppi cambi di line-up e un’attività live ridotta, finendo poi per sciogliersi nel 1998. In concomitanza con le ristampe di metà anni Dieci, si era palesata una reunion, poi sfumata con la morte del batterista Oskar Karlsson; è notizia di poche settimane fa di un ennesimo ritorno e, a detta loro, di un nuovo album. Un po’ di celebrazione se la meriterebbero i Nostri, in fondo.