8.0
- Band: GENUS ORDINIS DEI
- Durata: 00:57:11
- Disponibile dal: 08/12/2023
- Etichetta:
- Eclipse Records
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La quarta fatica in studio dei lombardi Genus Ordinis Dei nasce prendendo spunti teorici simili a quelli del predecessore “Glare Of Deliverance”, ovvero arricchire la formula musicale con soluzioni volte a valorizzare una sorta di vera e propria componente narrativa, che prende forma in un concept preciso ed originale.
Ma andiamo più nel dettaglio: là dove l’album precedente ci gettava tra le fauci infuocate dell’Inquisizione spagnola incrementando ulteriormente la componente orchestrale, già colonna portante della loro proposta dalle forti tinte symphonic death metal, per il nuovo “The Beginning” la formazione guidata dal frontman Niccolò Cadregari e dal chitarrista Tommaso Monticelli adotta ora un approccio più tetro e primitivo, gettando il tutto in un contesto popolato da cannibali, sciamani ed entità demoniache. Per permettere ciò, il comparto musicale viene reso più oscuro, quasi macabro per certi versi, e poi infarcito di soluzioni dai rimandi etnici, incluse ritmiche tribali e passaggi vocali che non stonerebbero in un rituale dedicato.
Questa nuova ‘gimmick’ è rappresentativa di quelle che sono la volontà e la visione della band non solo della musica metal, ma anche della sua versatilità e dei possibili immaginari in cui essa può trovare la propria locazione, caratteristica questa capace di diventare punto di forza in un mercato dove le idee sembrano spesso scarseggiare.
La tracklist si compone di dieci pezzi e due intermezzi, e in questo caso l’approccio appare tutto sommato abbastanza lineare, non essendoci in scaletta delle vere e proprie suite, ma considerando l’atmosfera generale possiamo dire di aver apprezzato moltissimo la scelta di non spingersi mai oltre un determinato punto, lasciando di fatto all’album nella sua interezza il compito di rappresentare i diversi atti della storia narrata. Questi ultimi vanno dall’evocativo al collerico, passando per alcune fasi malinconiche, senza però dimenticare di mantenere quella sorta di orecchiabilità di fondo, tra una ritmica sanguinaria e l’altra.
Essa è infatti un marchio di fabbrica del sound dei Genus Ordinis Dei, che malgrado il growl granitico e la distorsione terremotante riescono sempre e comunque a risultare quasi cantabili ed assimilabili, anche più di colleghi illustri come Fleshgod Apocalypse e Septicflesh, che a modo loro restano leggermente più radicali; probabilmente anche per via di quei rimandi epici dal lontano sapore di power metal, ma del resto i ragazzi han chiarito già da tempo le loro origini, come può confermare l’ormai celebre cover di “Hail And Kill” dei Manowar.
Volendo enunciare dei momenti salienti, non potremmo non citare l’inizio con la focosa “Aeternus” o i bellissimi ritornelli di “Genesis” e “Blackstone” – a parer nostro tra i picchi più alti dell’ascolto – malgrado la loro apparente semplicità, ma anche sul cadenzato ed ossessivo inizio di “For A New God” si potrebbero trovare molti spunti di interesse.
Tuttavia, riteniamo che l’album rispecchi a pieno la sua natura di concept: ci risulta infatti davvero difficile consigliarne una fruizione frammentaria, e per questo suggeriamo di approcciarlo come un’opera completa, musicalmente e narrativamente. Anzi, volendoci sbilanciare un po’, ci sembra che questo lavoro e il predecessore siano a loro modo come dei libri o dei copioni teatrali divisi in capitoli: impossibili da apprezzare a pieno, se non presi nel loro complesso.
Volendo trovare un paio di difetti, potremmo notare un leggero senso di deja-vu in alcuni passaggi (la melodia dell’intermezzo “Chant Of The Water” è anche troppo simile a quella della più datata “Edit”) o anche il fatto che la conclusiva “The Fortress Without Gates”, per quanto di buonissima fattura, non regge il confronto con la closing suite precedente “Fire” sul versante del pathos al suo culmine finale: queste sono però considerazioni che non inficiano troppo sul risultato finale da noi attribuito a un prodotto che, per quanto ci riguarda, non è altro che l’ennesima conferma del valore di una realtà tra le più interessanti del panorama made in Italy.