6.5
- Band: GHOST
- Durata: 00:47:44
- Disponibile dal: 16/04/2013
- Etichetta:
- Loma Vista Recordings
- Distributore: Universal
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Ai tempi dell’uscita di “Opus Eponymous” eravamo rimasti incantati dalla semplicità del sound dei Ghost, che riuscivano ad unire hard rock ed heavy metal in maniera mirabile e ad avvolgere il tutto di un manto occulto degno dei Mercyful Fate d’annata. Da allora gli svedesi sono letteralmente esplosi, grazie anche (o soprattutto?) ad un concept lirico e visivo intelligente e ben costruito. Il loro nome ha iniziato a circolare dovunque, tanto che anche la potentissima major Universal si è interessata a loro, mettendoli sotto contratto tramite la Loma Vista Recordings. Quindi, dopo un restyling del singer, un battage pubblicitario enorme e delle polemiche che li hanno portati a modificare il nome negli Stati Uniti, ecco finalmente arrivare questo “Infestissumam”, che molto ci potrà raccontare riguardo al futuro dei ragazzi. Futuro che probabilmente sarà ancora una volta radioso, sebbene la nuova fatica del combo non riesca a riproporsi qualitativamente all’altezza del predecessore. L’equilibrio perfetto trovato nel debutto viene qui fragorosamente rotto da dosi massicce di cori bombastici, da una miriade di influenze che vanno ad implementare la grandeur del sound e da qualche composizione esageratamente sovrastrutturata che però non riesce a colpire nel segno. Scendendo nel dettaglio, le due tracce che funzionano meglio sono la prima (intro esclusa) e l’ultima; “Per Aspera Ad Inferi” è un brano piuttosto pomposo e che gode di un’epicità non dissimile da quanto fatto dai Warlord, ma dove comunque sono ben riscontrabili ancora gli influssi malefici dei Mercyful Fate. “Monstrance Clock” invece cita più le nenie di King Diamond, regalandoci momenti di pathos davvero toccanti. Certo, i Nostri a volte cercano di piazzare l’hype a tutti i costi attraverso sovrastrutture molto pesanti, ma il risultato finale ci pare molto buono. A fronte di due buone tracce ce ne sono altre decisamente meno riuscite, ad iniziare dalla già ascoltata “Year Zero”, nella quale si salvano solo dei discreti cori. Qui è proprio il songwriting a non convincere, debole ed insipido e che non sfrutta appieno un gioco di tastiere a cavallo tra il kraut rock ed il dream pop. “Idolatrine” e “Depth Of Satan’s Eyes” mancano di mordente, troppo fragile ed abbarbicata in territori praticamente AOR la prima, letteralmente noiosa la seconda, nonostante a livello di watt sprigionati sia probabilmente l’episodio più heavy del lotto. In mezzo una manciata di canzoni tutto sommato discrete, a cominciare dal primo singolo “Secular Haze” e proseguendo con “Body And Blood”, non distante dal materiale di “Opus Eponymous”. “Jigolo Har Megiddo” si segnala per un flavour molto hard rock e per delle ottime soluzioni chitarristiche, pulite e pompose allo stesso tempo, anche se a fare la parte del leone sono delle tastiere che a tratti insistono su passaggi prog. Infine “Ghuleh / Zombie Queen” contiene al proprio interno echi di Boston, Black Sabbath, Pink Floyd e Magnum, miscelati insieme in maniera intelligente, evocando addirittura immagini da musical. Papa Emeritus canta in maniera più leggerina e più adatta quindi al nuovo materiale, mentre i suoi sodali mettono in mostra una buona alchimia di gruppo, con pollice alzato per le tastiere e per i solismi chitarristici, semplici ma ficcanti. Per concludere, i Ghost continueranno a dividere diametralmente il pubblico tra chi li idolatra come i nuovi salvatori del metal e chi li denigra considerandoli soltanto una baracconata. Dal canto nostro in questo caso non possiamo che rimanere equidistanti, dato che “Infestissumam” in definitiva è un platter discreto, fin troppo pacchiano ma che contiene episodi sicuramente degni di nota. Rimane il fatto che, se adeguatamente supportati come stanno facendo alla Universal, la band è destinata a fare il botto.