8.0
- Band: GIGAN
- Durata: 00:47:32
- Disponibile dal: 25/10/2024
- Etichetta:
- Willowtip Records
Spotify:
Apple Music:
È di nuovo tempo di Gigan, a ben sette anni dall’ultimo album “Undulating Waves of Rainbiotic Iridescence”. Una vita travagliata, quella della creatura del geniale chitarrista/bassista Eric Hersemann, fondatore, leader e unico songwriter di questo eccentrico, avveniristico assemblato di techno-death metal futurista, avvolto da delirante psichedelia.
Gli americani non sono mai veramente esplosi, a livello di pubblico, nonostante una proposta unica, fuori dai canoni persino per quel calderone ribollente che è il death metal nelle sue derive più assurde, funamboliche e ipertecniche. Non ci sono paragoni realmente credibili per l’operato dei Gigan, autori in passato di pubblicazioni dove gli elementi classici del death metal e del grind andavano a dialogare, in un trip sfrenato e schizzatissimo, con sintetizzatori ed effettistica di sapore fantascientifico, per creare un ibrido dissoluto e anticonformista, sospeso in una dimensione aliena (e alienante) al di fuori dello spazio conosciuto.
Nonostante la lunga pausa e a dispetto dei molteplici mutamenti di line-up del passato, non sono cambiati i musicisti – Jerry Kavouriaris alla voce e Nate Cotton alla batteria – accanto a Hersemann, per quanto le redini del progetto rimangano saldamente in mano al polistrumentista originario della Florida. Il death metal, nell’accezione più fiera e viscerale, rimane alla base di tutta questa contorta e imponderabile narrazione, progressiva in senso ampissimo e rivolta alla sperimentazione.
Quando si parla di ricercatezza in ambito estremo, il nome di Hersemann non sarà tra i primi che viene alla mente, non è così ‘popolare’, mentre è sicuramente uno dei personaggi che meglio sa spingere il death metal oltre i suoi naturali confini: anche per “Anomalous Abstractigate Infinitessimus” è ciò che riesce a tirare fuori dalla sua chitarra e dai sintetizzatori il perno attorno al quale ruota tutto il resto. La quantità e qualità di suoni in buona parte inattesi, spiazzanti, che sa estrarre dalla sua strumentazione, inonda di sapori forti costrutti sonori che non ne vogliono sapere di scendere a patti con la ‘normalità’.
Ci piace ancora tantissimo, quando i Gigan tracimano esuberanza, sapienza tecnica e visionarietà, partendo per la tangente già con l’opener “Trans-Dimensional Crossing of the Alta-Tenuis”: otto minuti durante i quali ci si trastulla con soundscape deliranti – la spiazzante apertura – scendono tenebre galattiche, sale la tensione e si svaga lungo uno spartito di chirurgiche brutalità, dissonanze allucinanti, strappi ritmici impossibili. Come se i Cannibal Corpse, invece che sollazzarsi con la marcescenza di corpi e zombi, lottassero in una guerra gigantesca agli estremi confini dell’universo conosciuto.
Il trio ha questa sua lucida temerarietà, affronta l’ignoto senza buttare via i dettami cardini dei generi di partenza; gli attorcigliamenti e le fughe in avanti non prescindono da asfissiante pesantezza, si odono perfino groove martellanti qua e là, e genuina, ferale pericolosità. Quella, non manca proprio mai: le singole tracce sono densissime di dettagli, fitte di colpi, torsioni, complicazioni non fini a se stesse, logiche all’interno di un quadro di sprezzante dissolutezza. L’istintività del grind dà scioltezza e ampiezza alla manovra, iniettando una stordente imprevedibilità al tutto, togliendo di torno ogni barlume di rigidità.
I Gigan sono astronave aliena e bulldozer: un brano come “Square Wave Subversion” sventra carne e sinapsi, deborda in brutalità, attraverso una serie di incastri ritmici, attacchi da più lati e accelerazioni a cadenze oblique che tolgono il respiro. Non si gioca all’eccentricità, al voler dimostrare chissà cosa: il death metal è strumento per lanciarsi nell’iperspazio, mantenendo saldi i suoi codici, le sue regole, con sullo sfondo una specie di approccio ‘old-school’ e di bieca intransigenza che non viene mai tradito. A modo loro, il trio sa essere anche dannatamente diretto, attingendo appunto a istintività grind e un peculiare gusto per stacchi mosh iperdettagliati (i saliscendi di “Erratic Pulsivity And Horror”).
Forse, giunti a questo punto della discografia, Hersemann e compagni hanno minore slancio verso nuove evoluzioni – in fondo le differenze tra quanto suonato oggi e tredici anni fa non sono moltissime – mentre mantengono chiaramente una loro solida supremazia nel settore del techno-death metal più folle e invasato. Non è in fondo tardi per scoprirli e farsene travolgere, “Anomalous Abstractigate Infinitessimus” è all’altezza della loro fama.