7.0
- Band: GLI ATROCI
- Durata: 01:03:24
- Disponibile dal: 13/12/2019
- Etichetta:
- A.I.M. Records
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Tornano, a dieci anni di distanza da “Metallo O Morte”, Gli Atroci, pionieri di quel metal parodico e demenziale che nel tempo è diventato un vero e proprio sottogenere. Non è facile parlare di un lavoro come questo “Metal Pussy”, perché Gli Atroci hanno creato negli anni una sorta di loro ‘mondo’, con una peculiare comicità: e questo significa che un loro disco o lascia impassibili (magari qualche sorrisino ogni tanto) oppure diventa la colonna sonora immancabile per mesi in ogni serata passata in macchina con gli amici a bere birra.
Il merito di “Metal Pussy” è senz’altro quello di dare continuità al progetto de Gli Atroci, ponendo un nuovo tassello in un percorso coerente e che non perde smalto. Le capacità tecniche del combo bolognese sono conclamate, e il loro modo di comporre infarcito di costanti citazioni parodiche rasenta spesso il funambolico. Questa perizia, messa al servizio di una sorta di metal-opera demenziale, è già di per sé un atto di straniante comicità. E il pubblico di riferimento di quest’opera è proprio il protagonista delle narrazioni messe in atto nell’arco di questi 21 momenti: tra intermezzi no-sense (“I Compositori Di Una Volta”, “Perché Non Parli Più” tra i più esemplari) e pezzi di puro pasticcio metallico (la maideniana “La vendetta della faraona”, la brutale “Glory Hole”), Gli Atroci parlano del metallaro medio, sempre a caccia (fallimentare) di donne, sempre puzzolente di sudore, innamorato solo della musica e della birra; in un gioco del genere si crea una connessione empatica con il pubblico, un gioco che trova la sua apoteosi nei live set della band, e che adesso saranno arricchiti da veri e propri inni come “La Birra (Tanta)” e “Il Mio Gruppo Metal” (nel disco cantata anche da Roberto Tiranti e Michele Luppi).
Con “Metal Pussy” la mitografia de Gli Atroci si arricchisce rimanendo fedele al proprio folle mandato. Chi li ha amati sin dallo storico esordio uscito vent’anni fa (contenente capolavori come “I Guerrieri Del Metallo” e “Il Muro”) ritroverà qui ancora quella band cazzona e capace – paradossalmente – di dare emozioni diventando la colonna sonora di molti ricordi. Con questo lavoro i bolognesi si confermano i depositari metallari di quella linea musicale che va dagli Skiantos ai Prophilax passando per Elio: a loro modo, Gli Atroci, sono davvero un pezzo importante per il metal di questo Paese. E abbiamo ancora bisogno dei loro “Rutti mostruosi”, a conferma che, forse, se si è metallari non si cresce mai davvero.