6.0
- Band: GLORYFUL
- Durata: 00:45:08
- Disponibile dal: 18/01/2018
- Etichetta: Massacre Records
- Distributore: Audioglobe
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La quarta fatica dei teutonici Gloryful nel complesso non si sposta nemmeno di un centimetro dall’offerta proposta nei precedenti lavori, donandoci un lavoro valido ma che certamente non colpisce per freschezza compositiva. Il loro power metal contaminato da varie influenze di stampo NWOBHM e thrash regala il solito pot-pourri di roboanti cavalcate di doppia cassa e midtempo anthemici. Il sound della band è legato al lato più ‘true’ del genere ed il comparto lirico è il primo a risentirne, risultando davvero scarno, banale e ritrito, tanto da poterne intonare i testi, azzeccandoli, al primo ascolto della traccia. Tornando al lato prettamente musicale, riscontriamo quantomeno delle differenze in alcune scelte stilistiche volte a dare più corpo e personalità a questo nuovo “Cult Of Sedna”: su tutte possiamo sentire un maggiore incupimento delle composizioni, tenute scure da un basso meno canterino ma più presente e da scelte vocali che non cercano più l’estensione fine a sé stessa; il cantante, lavorando quasi esclusivamente nel range medio, dona un maggiore impatto alle linee vocali. All’interno di questo “Cult Of Sedna” i migliori episodi risultano essere i brani più tirati, come “The Oath”, “The Hunt” e “My Sacrifice”, in cui la band pare proprio muoversi in uno spazio conosciuto ma soprattutto più comodo al suo songwriting, oltre che allo stile degli interpreti. Altri brani degni di menzione possono essere “When The Union Calls On Me” e “Desert Stranger”, ben confezionati e con un buon tiro di stampo heavy classico, anche se entrambi risentono però di un eccessivo richiamo all’impronta maideniana, accentuata per giunta dal timbro del cantante, che a tratti risulta fin troppo simile a Dickinson, al limite dello scimmiottamento. E qui ci si porrà di fronte al bivio per cui apprezzarne l’accostamento o denigrarne l’eccessiva somiglianza. Lasciamo a voi l’ardua sentenza. Quindi, in definitiva, ci troviamo ad ascoltare un lavoro che raggiunge la sufficienza, grazie anche alla buona produzione, ma che evidenzia in alcuni passaggi un legame troppo forte col passato, specie nei midtempo, che non premia affatto il carisma e quel tocco di personalità che siamo stati in grado di apprezzare nei lavori precedenti della formazione tedesca. Mezzo passo falso.