7.5
- Band: GLORYHAMMER
- Durata: 00:52:47
- Disponibile dal: 29/09/2015
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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La geniale foto promozionale che accompagna il press kit della seconda uscita degli scozzesi Gloryhammer (potete vederla qui) secondo noi dice tutto a proposito di questo lavoro. La tamarraggine, la sfacciata sicurezza nel proprio carisma e l’enorme dose di autoironia che trasudano da quella foto sono infatti uno specchio fedele e rivelatore delle caratteristiche portanti di “Space 1992: Rise Of The Chaos Wizard”, un disco che definiamo tranquillamente come eccessivo e votato all’esagerazione, caratteristica spesso sottovalutata, come diceva il buon John ‘Hannibal’ Smith, ma che di fatto stavolta ne rappresenta proprio l’arma definitiva. La seconda band di Chris Bowes (Alestorm), dopo tutto, è una realtà che punta a colpire in fretta e con un approccio decisamente sopra le righe, aiutata un volume di fuoco (e sonoro) impressionante. Tutto in questo album è ‘di più’: i titoli sono più lunghi e altisonanti di quelli dei Domine (“Questlord Of Inverness Ride To The Galactic Fortress!” batte anche uno “Stormbringer Ruler The Legend Of The Power Supreme”), le canzoni sono più bombastiche e cinematiche di quelle di Turilli e dei Rhapsody e anche i cosiddetti ‘abiti di scena’ stracciano in un sol colpo quelli del 95% delle band che conosciamo, fatti salvi gli ovvi casi particolari come Gwar o Lordi. E la musica com’è? Allo stato dell’arte. Non ci viene definizione migliore che questa, perché è imparziale esattamente come vogliamo sia. L’aderenza ai canoni del power metal cinematico è impressionante, e la qualità sfiora a tratti la perfezione. La produzione è piena e squillante, le melodie sono rotonde e definite, la sezione ritmica compattissima e le chitarre si sentono bene anche al di sopra dell’onnipresente tappeto delle tastiere. Le linee vocali entrano in testa al primo assaggio per mai più uscirne, i cori creano la giusta dimensione epica che ci aspettiamo per brani con quei titoli, e in generale ogni elemento qui gira a pieno regime, lasciando scorrere il disco liscio come l’olio. Però il punto che frena almeno parzialmente il nostro entusiasmo è lo stesso che alla fine aveva procurato ‘solo’ un sette al precedente “Tales From The Kingdom Of Fife”, ed è che un “Symphony Of Enchanted Lands” c’è già. Lo stesso dicasi per un “Prophet Of The Last Eclipse”, che con questo “Space 1992…” condivide anche le tematiche fantascientifiche oltre che l’approccio musicale. Alla fine, esclusa la differenza di timbrica tra il singer Thomas Winkler e Fabio Lione o Olaf Hayer, ciascuna delle canzoni qui incluse avrebbe potuto benissimo essere inserita in uno di quei due album senza che nessuno si accorgesse dell’intrusione. Fosse uscito una decina d’anni fa avremmo gridato al miracolo, piazzando un secco otto e mezzo, ma da un lato adesso dobbiamo anche renderci conto che i tempi sono in effetti un po’ cambiati, e che il ‘disco power dell’anno’ (palma che personalmente gli assegniamo senza dubbi) difficilmente significa ancora ‘disco dell’anno’, e questo vale adesso per una buona maggioranza dei seguaci di questo tipo di musica. Il discorso, volendo stringere, è sempre il solito: se questo tipo di musica è la vostra preferita e non vi disturba l’ascoltare qualcosa che non si propone come evoluzione ma come semplice rivisitazione, per quanto perfetta, di sonorità già note, probabilmente avete trovato un tesoro inestimabile. Se per contro del genere suddetto vi interessa poco, la scelta se ascoltarlo o meno sta esclusivamente a voi. Dal canto nostro lo consigliamo senza pensieri, e alziamo pure di mezzo voto la valutazione, candidandolo alla zona hot: alcuni dei passaggi qui presenti (“The Hollywood Hootsman”, “Goblin King And The Darkstrom Galaxy”) sono semplicemente troppo belli per non riconoscere loro almeno questa gloria.