7.0
- Band: GNAW THEIR TONGUES
- Durata: 00:35:52
- Disponibile dal: 09/02/2018
- Etichetta:
- Consouling Sounds
Spotify:
Apple Music:
Orbene, con il predecessore “Hymns For The Broken, Swollen And Silent”, Moires sembrava aver limato gli angoli più puntuti della sua creatura prediletta, ovvero i da tempo famigerati Gnaw Their Tongues. Nulla di mansueto o lindo, quel disco, solo si notava una minore costanza nel creare disturbi, a favore di forme soniche maggiormente legate all’extreme metal, dotate di un carico di infiltrazioni noise-industrial sensibilmente minore di quanto fosse lecito attendersi dall’artista olandese. Per “Genocidal Majesty”, l’impalcatura metal vera e propria viene disciolta nell’acido, vittima di una spogliazione che lascia la tavola orrendamente imbandita di incurabili batteri ambient-industrial, tremendo corpus centrale di un album grigissimo, quasi godfleshiano per alcuni aspetti, attraversato da una vena iraconda arcinota, declinata non si sa bene come sotto sembianze in qualche modo diverse da quanto sentito in precedenza. La metodicità di Moires nel vomitarci addosso suoni infetti, straziati, ributtanti, non si limita a un miscuglio insensato di effetti, idee balzane, sadiche scempiaggini: la sua ricerca ha la capacità ogni volta di mettere l’ascoltatore sull’attenti, a indurlo ad analizzare con attenzione quanto propostogli, sicuro che non avrà di fronte un semplice riassunto delle puntate precedenti. Se già nel corso della chilometrica discografia di Gnaw Their Tongues echi di soundtrack orrorifiche-fantascientifiche si udivano a sprazzi, “Genocidal Majesty” va dichiaratamente in questa direzione, disseminando il percorso di trappole tremende, escludendo le chitarre dal discorso – almeno in una forma lambente il suono di una ‘normale’ chitarra, anche considerando le sperimentazioni più assurde in tal senso – e mettendo drum-machine, sinfonie digitali, urla scrostate di umanità e droni ansiogeni in combutta fra loro. Siamo nel ramo macilento dell’harsh-industrial più ostile, alla quale non mancano ciclicità e motivi ricorrenti, alteri e sinistri quando va bene, stritolanti fra ganasce d’acciaio quando Moires impazzisce del tutto e si avventa su di noi con la compostezza di un cane idrofobo. Notiamo allora questa stramba dicotomia fra urla alterate e incoerenti e armonie da fine del mondo, che accrescono l’effetto di disagio pur sfrangiandosi in fini filamenti. Lo stridore obnubilante posto a perenne rumore di fondo, unito a scansioni di drum-machine semplicemente abominevoli, costituisce un vero attentato e, nonostante gli attacchi black metal e grind di alcune vecchie pubblicazioni non si palesino nemmeno per un istante, il terrore sale a livelli insostenibili abbastanza in fretta. Non si scorge un inizio e una fine ben precisa nelle singole tracce, nascono e muoiono come se la suddivisione in differenti capitoli servisse soltanto a rendere più digeribile il ‘delizioso’ veleno offertoci. La deumanizzazione può assumere infinite facce, Moires aggiorna cotanto catalogo a ogni album e, anche per “Genocidal Majesty”, sembra abbia concepito un altro ritratto di lussuriosa depravazione cui è meglio non avvicinarsi troppo; essere azzannati e divorati interamente è quasi una certezza.