7.0
- Band: GOATSNAKE
- Durata: 00:47:23
- Disponibile dal: 01/06/2015
- Etichetta:
- Southern Lord
- Distributore: Goodfellas
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Dopo quindici anni di assenza dalle scene ritornano i Goatsnake. La band capitanata da Greg Anderson (nume tutelare della scena drone doom internazionale e proprietario della Southern Lord Recording) dà alle stampe il terzo album dopo un silenzio troppo lungo, finalmente interrotto dalle ammaglianti e calde sonorità contenute in “Black Age Blues”. Un’opera che non sposta di molto le coordinate soniche su cui la band californiana ha creato la propria identità, ma che comunque riesce a destare un certo interesse riuscendo a coinvolgere l’ascoltatore in questi quasi cinquanta minuti di musica oscura, notturna e lisergica. Il fattore preponderante che incuriosisce è la bravura con cui i Goatsnake riescono a celebrare il loro doom metal ossianico e memore delle gesta dei grandi padri degli anni settanta (chi ha detto Black Sabbath?) con una marcata e pregevole dose di blues rock. Questo è l’ingrediente che fa sì che l’album risulti vincente. In tutte le canzoni presenti si respira un’atmosfera di malinconica rassegnazione. Una rassegnazione che non ha solo nella musica del destino il genoma portante ma che pesca la propria spiritualità nella struttura chitarristica portante con suoni si saturi ma caldi ed intimistici, avvolgenti disgressioni figlie dei classici spirituals dei chitarristi di colore del delta del Mississippi. La psichedelia ed i viaggi verso sonorità space rock sono meno presenti che in passato ma questo non è fondamentale nell’economia artistica dell’album. Potrebbe essere un azzardo fare simili accostamenti, quindi paragonare “Black Age Blues” alle movenze blueseggianti dei Blue Cheer o The Yardbyrds ,ma ci sentiamo di azzardare e di scommettere che i Goatsnake hanno lanciato il seme per tenere vivo questo genere, troppe volte abusato e reso innocuo da band che non hanno la ‘grandeur’ e la creatività di Greg Anderson e soci. Un’arma in più della band sta nella voce di Pete Stahl. Il suo cantato si staglia prepotente con personalità esecutiva ed una interpretazione sofferta e versatile. Pezzi come “Coffee & Whiskey” o la titletrack sono manifesti sonori di arte oscura. Sono esempi di come si possa suonare musica avendo cinquant’anni ed oltre, risultando attuali e credibili. Bastano poche cose. Il cuore, la passione e una dose giusta di emotività. Non tutti hanno in dote queste caratteristiche e non tutti hanno passato la propria vita a contatto con la sofferenza e l’oscurità. Il blues oscuro dei Goatsnake ci fa comprendere che band di questo calibro sanno soffrire e per poi esorcizzare i propri demoni con sensibilità e toccante trasporto emotivo. Non solo doom. Bentornati.