7.5
- Band: GOATWHORE
- Durata: 00:47:04
- Disponibile dal: 07/10/2022
- Etichetta:
- Metal Blade Records
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Quello che il quartetto di New Orleans costruisce nei cinquanta minuti scarsi di questa sua nuova fatica, dall’evocativo titolo di “Angels Hung from the Arches of Heaven”, ha il sapore di un parziale rilancio, di un capitolo discografico che, anziché esaurire una storia, la riassume e la ripropone con maggiore verve.
Sono trascorsi oltre cinque anni dall’uscita del precedente “Vengeful Ascension” e non si può dire che in questo lungo lasso di tempo i black-thrasher Goatwhore non abbiano lavorato bene: generalmente, le pause giovano a formazioni come la loro, dove l’oltranzismo e l’attaccamento a certi suoni old school la fanno da padrone. Serve una buona ispirazione per non ripetersi e per non risultare troppo prevedibili, cosa difficile da ottenere quando ci si cimenta in una proposta tradizionalista e si passa molto tempo in tour, con il risultato di avere sempre poco tempo per completare la stesura di un disco. La pandemia, tuttavia, ha forse messo la band nelle condizioni di comporre con più calma del solito e il frutto di questa più lunga lavorazione è rintracciabile tra i solchi di “Angels…”.
Ben Falgoust II e soci sembrano avere trasformato le ferali pulsazioni degli album precedenti in un ritmo più organizzato, con una tracklist piuttosto variegata che abbraccia i tipici assalti frontali, così come rarefazioni claustrofobiche, momenti più melodici ed episodi in cui vengono architettati dei piacevoli contrasti. Chiaramente, la base black-thrash è sempre forte, tanto che lungo il concitato sviluppo del disco gli statunitensi non smettono mai di pagare i loro debiti al genere nel quale sono cresciuti e del quale hanno contribuito a creare un profilo di rango negli anni Duemila, almeno negli USA. Ciononostante, questa volta emerge con puntualità anche la personalità del quartetto, una convincente ispirazione che rende pezzi come “Born of Satan’s Flesh” o “The Bestowal of Abomination” particolarmente spumeggianti. È dall’alto di questa posizione che i Goatwhore questa volta possono permettersi una trasformazione più palese delle opzioni compositive, passando per una struttura più emotiva che in passato, in grado di restituire tonalità epiche un po’ più pronunciate e arie melodiche che restano presto in mente (vedi la title-track).
“Angels…”, insomma, è lungi dal chiudere per sempre la militanza del gruppo nel black-thrash di stretta osservanza e il legame con realtà affini come Absu, Destroyer 666 o Aura Noir, ma al tempo stesso è un album che riesce a trasmettere una piacevole idea di brio, grazie ad un songwriting che lascia qualche porta aperta più del solito, facendo intravedere la luce di una transizione ben ponderata. Di certo siamo davanti a uno dei capitoli più completi del repertorio della band.