7.5
- Band: GOATWHORE
- Durata: 00:38:11
- Disponibile dal: 14/02/2012
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Quinto album per i Goatwhore… e qui il loro contesto si allarga ulteriormente. Avendo già da tempo varcato i confini dell’underground più puro – almeno negli USA – con partecipazioni all’Ozzfest e tour importanti di spalla a Obituary e Devildriver, il quartetto di New Orleans punta ora a fare il salto definitivo per affermarsi come una realtà extreme metal di consolidata grandezza. Sin qui ci avevano abituato ad una ripartizione esatta di quantità e qualità, ma in questi nuovi dieci pezzi – per circa quaranta minuti di musica – i Nostri svelano una grinta e, soprattutto, un’ispirazione che nei primi dischi era un po’ più sotterranea. Breve ripasso: nel debutto “The Eclipse Of Ages Into Black” e nel successivo “Funeral Dirge For The Rotting Sun” i Goatwhore si erano esposti ad un rozzo black-death metal che, all’epoca, negli Stati Uniti pochi riuscivano a fare per bene senza pentirsene all’album successivo. Quindi, con i primi lavori su Metal Blade, i ragazzi hanno affinato il loro songwriting, portandolo, al tempo stesso, su coordinate maggiormente old school e thrasheggianti. Infine, con il nuovo “Blood For The Master”, la band dimostra di aver rotto tutti gli indugi e di non aver più alcuna remora su come impostare il proprio sound: una vibrante base di thrash e classic metal percorre tutta l’opera, e ne è la spina dorsale, l’onda che trascina riff e melodie. Il lavoro è stato anticipato dal singolo “Collapse In Eternal Worth”, perfetta impronta dell’impatto che si vuole dare al tutto: una trama black metal di matrice Immortal cresce fino a sfociare in una marcia più corposa e ritmata. Pezzo gelido e graffiante, vecchio stampo senza aderire a nessun clichè in particolare. Del resto, i riferimenti della band sono sempre stati a metà strada fra black metal propriamente detto e vari pilastri old school (Celtic Frost, Bathory), ma in “Blood For The Master” c’è qualcosa in più: c’è appunto un’intuizione melodica più classica e una cura per le ritmiche che rende il tutto maggiormente snello e fruibile, come se si stesse ascoltando un album dei primi Slayer o persino dei Mercyful Fate. In sintesi, più spazio al ritmo e a chorus di facile presa (“Parasitic Scriptures Of The Sacred Word”), il tutto però rimanendo sempre legati a invettive ferali che non perdono mai di vista il background della formazione (“My Name Is Frightful Among The Believers”). Il risultato finale non è magari tanto selvaggio e sguaiato quanto i prodotti degli esordi, ma è più che mai curato e coinvolgente. Con una tracklist che non presente cedimenti, “Blood For The Master” va dritto nella pila dei dischi importanti di questa prima parte d’annata.