7.0
- Band: GOATWHORE
- Durata: 00:41:53
- Disponibile dal: 23/06/2017
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Tre anni separano il nuovo “Vengeful Ascension” dal precedente “Constricting Rage of the Merciless”, ma sarebbe da pazzi aspettarsi grandi novità da parte dei Goatwhore. Il gruppo di New Orleans è fedele alla linea e ancora una volta non scende a compromessi, ritoccando solo leggermente la forma di questa sua ennesima uscita. La produzione è infatti stata curata da Jarrett Pritchard (1349, Gruesome), già fonico live dei Nostri, e il risultato è un album dal suono più ruvido e caldo rispetto ai precedenti lavori registrati da Erik Rutan. Per il resto, lo sviluppo del materiale e il tipico canovaccio black-death-thrash non vedono molte variazioni alla forma canzone tradizionale, ma a tratti si assiste quasi ad una dilatazione di strofe e ritornelli, che vengono volutamente spezzati da qualche break in modo che emerga maggiormente l’atmosfera ostile che la band vuole proporre. All’interno di queste caratteristiche vi è comunque, come sempre, una buona varietà stilistica, visto che si passa da una “Under the Flesh, Into the Soul” dal suono pieno e dai riff immediati a una title track molto più claustrofobica in entrambi gli aspetti specificati, alla marziale e gelida “Those Who Denied God’s Will”, con in mezzo altre variazioni sul tema. E’ difficile immaginarsi una band che è sempre stata oltranzista come i Goatwhore guadagnare parecchi nuovi fan nel 2017, quindi è giusto e comprensibile che questo disco sia stato pensato per i vecchi fan, ed è verosimile che solo loro se ne interesseranno realmente. Chi ha familiarità con l’operato del quartetto saprà insomma già cosa aspettarsi e il primo ascolto non potrà che lasciare favorevolmente colpiti: la band, infatti, è in buona forma e il mancato abbandono di tutte le caratteristiche di cui sopra non sta certo a significare che gli statunitensi siano diventati la caricatura di loro stessi. Sammy Pierre Duet, Ben Falgoust II e soci possono sempre contare su una buona forza creativa che consente loro di esprimersi con piglio e credibilità. Detto questo, il punto debole di “Vengeful Ascension” appare essere la longevità, nel senso che, più lo si ascolta, più si nota come solo certe tracce siano capaci di lasciare davvero il segno. Questo è dovuto soprattutto alle solite soluzioni di maniera presenti qua e là, tanto che, appunto, non sembrano essere più di tre o quattro gli episodi destinati a durare nel tempo nella memoria dei fan. Vale comunque la pena dare più ascolti a questo disco e va dato inoltre merito ai Goatwhore di essere riusciti a costruire un suono che, partendo da chiare basi old school, è ormai subito riconoscibile, vuoi per la disinvoltura con cui il chitarrista è solito legare partiture black ad altri prettamente classic metal, vuoi per l’inconfondibile timbro di Falgoust.