6.5
- Band: GOD DETHRONED
- Durata: 00:36:37
- Disponibile dal: 07/02/2020
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Henri Sattler è uno di quelli che cento ne pensano e cento ne fanno. Basta dare uno sguardo alla discografia e ripensare alla carriera dei suoi God Dethroned per rendersi conto di come il chitarrista/cantante olandese abbia più volte cambiato idea nel corso degli anni, passando attraverso numerosissimi avvicendamenti nella formazione, virate stilistiche, scioglimenti e conseguenti reunion. “Illuminati” – primo album dopo la trilogia sulla Prima Guerra Mondiale messa in atto con “Passiondale”, “Under the Sign of the Iron Cross” e “The World Ablaze” – vede il gruppo cambiare ancora una volta le carte in tavola e cimentarsi in una sorta di visionario concept incentrato su tematiche religiose e riferimenti alla massoneria e all’occulto. Come giustamente sottolineato anche dal leader del gruppo in sede di presentazione, titoli come “Spirit of Beelzebub”, “Broken Halo”, “Book of Lies” e “Satan Spawn” lasciano ben poco all’immaginazione su cosa aspettarsi questa volta dai God Dethroned da un punto di vista lirico. Il parziale ritorno alla materia luciferina nei testi non si traduce però in un consequenziale recupero di un sound vicino alle origini della band, nonostante una certa impronta slayeriana – da sempre tra i marchi di fabbrica dei death metaller olandesi – sia ovviamente presente in più di una traccia. Musicalmente, “Illuminati” è un lavoro che tutto sommato risente di quanto espresso sul precedente “World Ablaze” o, andando più indietro nel tempo, su certi episodi di “The Toxic Touch”; parliamo dunque di un disco che nel suo percorso cerca di fornire arrangiamenti più ricchi e colorati del solito, affidandosi spesso a spunti prettamente classic metal (compresi assoli di chitarra particolarmente virtuosi per gli standard del gruppo) e, in generale, ad un approccio più melodioso e controllato. Un album che senz’altro non pecca di scarsa compattezza, con Sattler che decide di far poggiare tutto il proprio armamentario sonoro su canzoni strutturate con ordine e semplicità, da cui, come era facile prevedere, emerge una spiccata propensione per il midtempo eroico. L’effettivo svolgimento del piano non è tuttavia sempre entusiasmante: a livello melodico ci si imbatte infatti in soluzioni piuttosto di maniera, con cori e tappeti di tastiere che seguono spesso un disegno elementare, senza riuscire ad aggiungere qualcosa di realmente significativo a dei riff che già per natura non esprimono chissà quale estrosità. Chiaramente non mancano brani piacevoli – la tesa “Satan Spawn”, ad esempio, riesce a coniugare ‘nuovi’ e ‘vecchi’ God Dethroned in modo assai convincente – ma a volte si ha la sensazione che la band abbia speso la maggior parte delle proprie energie nell’ideazione del tema portante del disco, lasciando in seconda battuta la composizione dei singoli pezzi. In questo senso, “Book of Lies” sembra calcare un po’ troppo la mano sul versante classic ottantiano, per una parentesi eccessivamente ruffiana; “Eye of Horus”, quindi, curiosamente richiama con una certa insistenza gli ultimi Rotting Christ, tra cadenze e gang vocals battagliere, mentre “Dominus Muscarum” è un interludio a dir poco insignificante che nulla apporta alla tracklist. Luci e ombre, dunque, in questo undicesimo full-length degli olandesi, sempre piuttosto abili quando si tratta di imbastire composizioni dal temperamento maligno, ma altresì vagamente ingenui o pacchiani quando impegnati su tonalità più morbide. Ci manca un po’ l’equilibrio di un’opera come “Into the Lungs of Hell” o dei dischi di quel periodo.