6.0
- Band: GOD DETHRONED
- Durata: 00:42:19
- Disponibile dal: 06/09/2024
- Etichetta:
- Reigning Phoenix Music
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Con il precedente “Illuminati”, I God Dethroned sembrano avere aperto un nuovo capitolo nella loro ormai lunga carriera. L’opera del 2020 ha introdotto un nuovo look e anche un parziale cambio di stile per la band di origine olandese, che ha iniziato a esplorare il terreno di un death-black metal dalle tinte più ariose ed epicheggianti, mostrando una tendenza maggiormente spiccata verso soluzioni in grado di funzionare bene in contesti live non troppo settoriali, come i grandi festival europei.
Questo discorso viene ribadito con il nuovo “The Judas Paradox”, primo album della formazione a venire pubblicato tramite la nuova etichetta Reigning Phoenix Music (RPM).
Fin dall’apertura del disco, è evidente che i God Dethroned puntino anche qui su una tracklist variegata, alternando midtempo marziali e le consuete sferzate più rabbiose. Questa varietà non rappresenta certo una novità per la band, che anche nei lontani esordi ha spesso mostrato una certa inclinazione a spezzare il ritmo e cimentarsi in episodi più articolati. Tuttavia, se in passato questa diversità si traduceva in un mix agile e velenoso di death-black metal e thrash di marca Slayer, oggi sembra che il gruppo stia cercando di esplorare un suono meno teso e più avvolgente, con priorità per composizioni dallo sviluppo molto snello e lineare, con un occhio verso influenze di heavy classico e un approccio ritmato che talvolta può ricordare certi Amon Amarth, rivisti in chiave pseudo-occulta. Tuttavia, come era già accaduto nel capitolo precedente, non sempre il songwriting riesce a sostenere questa insolita ricerca di atmosfera. Alcuni brani, infatti, risultano appesantiti da melodie che, pur ambendo a una certa grandiosità, finiscono per suonare banalotte e poco incisive. Questa tendenza a virare verso un sound più carico e maestoso, già avvertita ultimamente, si ripropone insomma anche in “The Judas Paradox,” accentuando una sensazione di vaga pacchianeria che rischia di sovrastare l’intento solenne che la band pare voler perseguire.
Di conseguenza, è nei momenti più aggressivi e diretti che i God Dethroned riescono a brillare maggiormente. I brani più intensi del disco, infatti, offrono un’energia e una risolutezza che sembrano mancare nelle tracce più ariose, dove il quartetto sembra talvolta perdersi nel tentativo di creare un’esperienza musicale più sofisticata e avvolgente, peccando però di poca eleganza. In questo senso, restano impresse canzoni come “Rat Kingdom”, dai rimandi ai Dark Funeral, “Hubris Anorexia” o “The Eye of Providence”, le quali sembrano fondere le due anime del gruppo con buona efficacia.
Nel suo insieme, “The Judas Paradox” è dunque un album che potrebbe non tradire le aspettative dei fan recenti, ma che al contempo non riesce a elevare troppo la proposta musicale dei God Dethroned a nuovi livelli. D’altra parte, dopo tanti anni di carriera e con una dozzina di dischi all’attivo, è forse comprensibile che la band abbia raggiunto un certo plateau creativo, risultando un pochino goffa quando tenta di imboccare altre strade.
In ogni caso, i grandi appassionati della formazione guidata da Henri Sattler troveranno comunque qualche episodio coinvolgente, ma per chi cerca qualcosa di più concreto e cattivo sarà probabilmente il caso di rimettere su una “Boiling Blood” o altre hit del passato.