8.0
- Band: GODFLESH
- Durata: 00:43:39
- Disponibile dal: 09/06/2023
- Etichetta:
- Avalanche Inc.
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A ben sei anni dall’ultimo “Post Self”, ecco finalmente un nuovo album dei Godflesh: non che durante tutto questo tempo Justin Broadrick sia rimasto con le mani in mano, tra altri progetti, dischi dal vivo, EP, ma da troppo tempo mancava un’uscita concreta di quella che è la sua creatura principale, da sempre gestita insieme al fido G.C. Green.
A colmare questo vuoto arriva ora “Purge” e, da quanto annunciato, sembra che questo nuovo capitolo rivesta una particolare importanza per l’artista di Birmingham: innanzitutto, il titolo, che sta a simboleggiare come Broadrick utilizzi i Godflesh come mezzo per combattere i suoi demoni che, nello specifico, si chiamano autismo e disturbo da stress; poi, le dichiarazioni secondo le quali questo album vorrebbe dare un seguito a “Pure”, secondo disco della band, pubblicato nel 1992 e omaggiato lo scorso anno, in occasione del compimento dei trent’anni, con un live che ne ripercorreva la scaletta.
Ovviamente, ai tempi aveva senso parlare di sperimentazione per un disco che proponeva industrial metal, oggi un po’ meno ma, ascoltando la nuova creatura, si riesce a comprendere cosa intenda la band quando parla di un legame con un passato così lontano: i due dischi sono accomunati da un umore tetro, una sensazione di disagio che li permea dall’inizio alla fine, e suonano freddi ed asettici, come se l’ascolto fosse paragonabile ad una tragedia osservata con gli occhi di un’altra persona; l’urgenza espressiva è la stessa, frutto di un’inquietudine che non è cambiata e probabilmente rimarrà per sempre. I soliti riff plumbei e martellanti, le linee di basso sferzanti ed una voce che, quando non è filtrata, si produce in urla lancinanti che sembrano lamenti, sono il marchio di fabbrica Godflesh e anche una batteria che, rispetto ad altre occasioni, assume sembianze più umane, non rende accoglienti questi otto pezzi; come sempre, ritmi marziali che vanno talvolta a lambire la techno o il drum’n’bass sono sepolti sotto una pesantezza estrema, con spiragli di luce veramente rari, come la linea melodica che salva “Nero” dall’essere una sferragliante cacofonia. Le chitarre di “Army Of Non” scandiscono un motivo perentorio quanto estraniante, mentre la psichedelica “Lazarus Leper” è ipnotica e disorienta, ma la sensazione di catarsi è definitiva solamente con gli otto minuti della conclusiva, dilatata “You Are The Judge, The Jury, And The Executioner”.
“Purge”, anche se in un contesto differente, è un ritorno all’intransigenza di trent’anni fa, poiché figlio dello stesso malessere, partorito da un personaggio che ha scritto pietre miliari della storia del nostro genere (non solo “Streetcleaner” con i Godflesh ma anche le prime incisioni dei Napalm Death), non ha mai tradito le aspettative e continua a portare avanti con oscuro orgoglio questa tradizione.