GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR – Allelujah! Don’t Bend! Ascend!

Pubblicato il 29/10/2012 da
voto
8.0

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Dieci anni sono tanti… ma sono finiti, e questo è ciò che conta. A maggior ragione se a colmare il vuoto sono una band come i GY!BE che riescono nell’obiettivo di catapultarci dal 2002 (anno della loro ultima fatica) al 2012 nel giro giusto di cinquantatré minuti. Cinquantatré minuti in cui il trono degli dei assoluti del post-rock viene riconsegnato ai canadesi non solo senza indugi, ma addirittura senza fiatare. E i GY!BE sono anche riusciti a centrare lo scopo della ri-incoronazione con estrema semplicità e senza stravolgere chissà che della loro geniale natura. Abbiamo due tracce-odissea: “Mladic”, sorta di epopea infernale di venti minuti in grado di annichilire anche la mente più preparata, e “We Drift Like Worried Fire”, altro supplizio sconfinato che per altri venti minuti ancora mira a sfracellarci definitivamente la mente andandola a scavare sin nel livello subatomico. E in mezzo, due “intermezzi”, due tracce di decompressione, due camere iperbariche soniche messe lì per evitare che chi ascolta veramente non debba ricorrere allo Xanax per calmarsi. “Their Helicopters Sing” (sorta di buco nero costruito con violini e synth) e “Strung Like Lights at Thee Printemps Erable” (una colata di calcestruzzo creata “semplicemente” con il feedback di solo Dio sa quante chitarre) sono due interludi ambient-noise magistrali, ma espressi nel linguaggio dei GY!BE, e dunque nessuno dei due in grado di compiere il suo scopo in meno di sei minuti. Questo è il sunto di un disco sviluppato da un ensemble di nove individui che non ragionano in termini convenzionali e che vedono la musica come una sorta di universo parallelo da materializzare. Nove individui che per costruire questo loro mondo sonico hanno a disposizione almeno quattro chitarre, e un esercito ronzante di violini e synth in grado di sprigionare un casino non solo inaudito per potenza, ma preziosissimo per la ricercatezza e cura con il quale è costruito. “Mladic” è un groviglio colossale di chitarre, percussioni e violini che in venti minuti prima si annoda, poi si slega e infine si ri-tesse nuovamente in un cataclisma di rumore talmente ben convogliato che questo sembra quasi travolgere tutto. “We Drift Like Worried Fire” ne riprende le fila in un altro luogo. La costruzione del wall of sound immenso in questo frangente lascia spazio alla composizione, alla stratificazione, all’accatastamento centellinante di note, arpeggi, rumori, battiti, sussurri, vibrazioni, pulsazioni e sibili. A questo punto lo stato di trance è totale e le fredde, ossute e immense mani di questo album scivolano piano piano attorno al collo del povero ascoltatore creando delle spire inestricabili, e poi fanno deflagrare il tutto nel finale in uno strangolamento di rumore, poliritmie, disparità e obliquità musicale totale, e completamente impossibile da descrivere. Questa è la musica più libera da ogni schema o logica, e allo stesso tempo più finemente architettata, che sentirete quest’anno.

TRACKLIST

  1. Mladic
  2. Their Helicopters Sing
  3. We Drift Like Worried Fire
  4. Strung Like Lights at Thee Printemps Erable
2 commenti
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