8.0
- Band: GONE IS GONE
- Durata: 00:40:37
- Disponibile dal: 04/12/2020
- Etichetta:
- Clouds Hill
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Anche nella categoria ‘supergruppi’, alla quale i Gone Is Gone appartengono, vi è una bella differenza nel modo di presentarsi, promuoversi, cercare di farsi spazio nel sovraffollato mercato discografico odierno. A volte, ed è questo il caso, a fronte di curriculum di alto profilo e di una ragguardevole notorietà degli interpreti, non corrisponde una spinta promozionale invasiva e una volontà di far parlare di sé a tutti i costi. E se in alcuni casi, quando si mettono assieme personalità ‘ingombranti’, la montagna di attenzioni partorisce un topolino d’album, semplice collage frettoloso di esperienze precedenti e di maggior già arcinote, per il quartetto comprensivo di Troy Sanders, Troy Van Leeuwen, Tony Hajjar, Mike Zarin vale un discorso diametralmente opposto. Come rilevato nell’esordio su lunga distanza “Echolocation”, Gone Is Gone è un progetto slegato dalle band principali dei suoi autori e si permette di non appartenere ad alcuna corrente di pensiero immediatamente identificabile. Se la cifra di un artista la si evince, per una percentuale importante, dal suo grado di libertà stilistica e dalla volontà di muoversi in ambiti lontani l’uno dall’altro, non vi è dubbio che anche per questo “If Everything Happens For A Reason…” chi l’ha confezionato non sia esattamente uno sprovveduto in materia.
In stretta continuità con “Echolocation”, ormai vecchio di tre anni e mezzo abbondanti, questo secondo album ondeggia serafico e pregnante in un una dimensione incorporea, fatta di sottigliezze, intrecci strumentali immateriali, uno sgusciare colto e gradevole tra stoner di manica larga, darkwave, elettronica sobria e caldo intimismo. Il collante e centro focale è, forse ancor di più che nel predecessore, la vocalità di Sanders, che non utilizza né le sembianze orchesche dei vecchi Mastodon, né gli ammiccamenti rock dei loro ultimi episodi in studio. Sono tonalità morbide e tranquille quelle in cui ama pascolare nel corso di “If Everything Happens For A Reason…”, una condizione all’interno della quale pare trovarsi magnificamente e si esprime come meglio non si potrebbe, garantendo un ampio ventaglio espressivo a una tracklist camaleontica, poco incline alle ripetizioni e sinuosa nel suo snello incedere. I contrasti, gli stridori, la conflittualità di suoni, sono il pane prediletto dei Gone Is Gone. Pensiamo a come si mantiene sul crinale sottilissimo e ambivalente tra prostrazione e speranza, freddezza industriale e rock carnale, un brano come “Everything Is Wonderfall”. Vi si ammirano ritmi squadrati e asettici aggrovigliarsi a un basso raspante e duro, in contrapposizione alla maggior dolcezza delle chitarre, a rade punteggiature elettroniche e la voce intensa e distesa di Sanders. A “Wings Of Hope” bastano due minuti per rimanere impressa, un sonnambulismo di effetti ipnotici, pulsazioni beate, con la voce filtrata di Sanders a disegnare purezza e incanto. La mano di Mike Zarin nel creare suoni inediti fa sorgere dal nulla panorami irreali, fantascientifici senza indulgere in qualcosa di troppo carico e scenografico: “Sometimes I Feel” pare portarci a una imponderabile eppure coerente miscela tra grunge futurista, soundtrack e psichedelia, martellato da ingegnosi pattern di batteria, in parte frutto di drum-machine, in parte – sembrerebbe – realmente suonati.
È una semplicità inafferrabile quella della band, le melodie sgorgano senza sforzo, candide e pensierose, denotando una complessità di fondo che non si fa mai barriera di arduo superamento per l’ascoltatore. Quando le chitarre salgono in cattedra, è come se lo stoner si materializzasse in un futuro prossimo, non abbastanza lontano per farci perdere il ricordo di dove provengano taluni suoni, però abbastanza distante da sembrare qualcosa non propriamente famigliare. Suoni grattati e scintillanti determinano l’appeal delle moderatamente dure “No One Ever Walked On Water” e “Breaks”, alternanti visionarietà, ardore e intimismo, in un mix peculiare all’operato del gruppo. I beat elettronici sono a loro volta distintivi di ogni singolo episodio, si stampano in testa per una cadenza ripetuta e magnetica, si incastonano in tappeti di effetti condensanti il meglio che la musica atmosferica digitale possa offrire. Ci sono molti spazi, dilatazioni, durante “If Everything Happens For A Reason…”, che pare spesso addormentarsi in vallate di estasi (“Force Of A Feather”), dimentico di qualsiasi urgenza rock, rapito dalla darkwave e dal trip-hop più indolente, denso di suoni ovattati e raffinati. Dodici canzoni per soli quaranta minuti di musica potrebbero far pensare a un album semplice, dai messaggi facili da assimilare; invece, talmente sono elusivi i suoi messaggi, bisogna concedergli il privilegio di inghiottirci lentamente nel suo tranquillo mondo. Una volta che ciò sarà accaduto, sarà difficile fuggirne via.