9.0
- Band: GOOD RIDDANCE
- Durata: 00:37:27
- Disponibile dal: 04/06/1996
- Etichetta:
- Fat Wreck
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Nell’eterna diatriba tra la melodia del punk rock e l’aggressività dell’hardcore, poche band hanno saputo trovare un equilibrio perfetto quanto i Good Riddance, e il loro secondo album, uscito nel 1996 sotto l’egida della solita Fat Wreck, è probabilmente il punto più alto di questa commistione. Schierato fin dal titolo, “A Comprehensive Guide to Moderne Rebellion” si apre con un messaggio di propaganda americana (lo stesso presente nel film “Essi Vivono” di John Carpenter di qualche anno prima) che lascia presto il posto ad un micidiale giro di basso-batteria presto doppiato da incendiari riff e dal cantato urlato di Russ Rankin: in meno di due minuti “Weight Of The World” ha già fatto guadagnare ai Nostri un posto d’onore insieme ai Bad Religion di “Suffer” e agli Offspring di “Smash”. Il bello di questo disco – oltre alla capacità di sintesi, con ben diciassette brani in poco più di mezz’ora – è però la sua varietà. Se l’inizio è nel solco dell’hardcore melodico grazie a brani ‘veloci ma non troppo’ come “Steps”, “A Credit To His Gender” (con una piacevole controparte femminile) e “Last Believer”, non mancano anche delle schegge hardcore old-school come “Trophy” o “Sky Is Falling” (così come la ghost track in stile Oi! posta in coda alla conclusiva “Sometimes”), pezzi da meno di un minuto dove fatichiamo a riconoscere lo stesso cantante. Melodia e velocità sono le assolute protagoniste anche di “Up & Away”, “This Is The Light”, “Bittersweet”, “Token Idiot” e “Lampshade” – che rispetto ai più famosi compagni d’etichetta pagano dazio per una produzione più grezza, ma probabilmente più adatta ad una band che ha sempre navigato in acque lontane dal circuito mainstream – ma come detto i Good Riddance in questo disco cambiano come il meteo estivo; è così che tra una “Favorite’s Son” e una “Come Dancing” (meno di tre minuti in due, ma con linee melodiche che danno la paga a molte band pop-punk d’oggigiorno) c’è spazio per un midtempo con linee di basso dal sapore apocalittico come “West End Memorial”, che già solo per il cantato di Rankin sembra uscire da un altro CD. Tra Bad Religion, Black Flag e Descendents è come ascoltare tre band in una, ma con un filo conduttore che lega tutti i pezzi mettendo d’accordo punk rocker e fan dell’hardcore vecchio e nuovo: avercene di gruppi così, da trent’anni fieri portabandiera di messaggi rivoluzionari dai palchi di mezzo mondo.