7.5
- Band: GORY BLISTER
- Durata: 00:30:00
- Disponibile dal: 15/11/2003
- Etichetta:
- Sekhmet Records
- Distributore: Masterpiece
Spotify:
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L’atteso ritorno di una delle band più longeve (e aggiungeremmo sfortunate) della scena death metal italiana si è finalmente materializzato. “Art Bleeds”, il secondo parto dei Gory Blister, è giunto tra noi grazie all’interessamento della Sekhmet Records, label transalpina giovane ma già con un roster di tutto rispetto (andate a scoprire Coprofago e Martyr, se non lo avete già fatto!). Crediamo che la band possa dire di essere uscita da una sorta di incubo: si deve infatti sapere che la pubblicazione di “Art Bleeds” era in programma diverso tempo fa per la tedesca Noise, la quale, dopo essere stata acquistata dalla Sanctuary, ha però dovuto abbandonare questi piani e rinunciare a collaborare con i nostri, lasciandoli senza contratto proprio sul più bello! Ma per fortuna i Gory Blister non si sono persi d’animo, e così possiamo goderci questo bel dischetto, qualcosa, lo diciamo subito, di davvero molto curato sotto ogni punto di vista. Registrato con una line up che non corrisponde più a quella attuale, che vedeva in azione oltre ai membri storici Raff (chitarra) e Joe (batteria) il frontman dei Node Daniel Botti dietro al microfono e il bassista Bruce Teah (oggi rispettivamente rimpiazzati da Adry e Fredrick), “Art Bleeds” si presenta come un lavoro di techno-death maturo ed ispirato. Influenze di Pestilence, Death e Coroner si rintracciano per tutto l’arco dell’album – e questo non è certo un difetto, vista la maestria con cui sono qui rielaborate – ma la band riesce comunque a differenziarsi e a confezionare qualcosa di personale grazie soprattutto ad un gusto melodico molto particolare e ad un uso della voce femminile che possono ricordare quelli dei grandi Septic Flesh (R.I.P.). Highlight del disco sono senza dubbio l’opener “Primordial Scenery”, “Anticlimax” e “Comet… And Her Trail Of Spiritual Dust”; anche la breve strumentale “Mermaids Beloved” fa una grandissima figura, perfetto esempio dell’utilizzo degli elementi succitati. Un album perciò molto interessante, fatto per tutti gli amanti della tecnica strumentale, della melodia e ovviamente della violenza sonora. Provate ad ascoltarlo!