7.0
- Band: GRAND HARVEST
- Durata: 00:50:31
- Disponibile dal: 25/03/2022
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Giunge in redazione con un po’ di ritardo, questo primo album dei Grand Harvest, ma quanto ascoltato lascia comunque incuriositi e fa ben sperare per il futuro di questa formazione originaria di Malmö. Gli svedesi si muovono all’interno del panorama black-death metal, cercando di trovare un proprio stile grazie a una proposta dinamica che dà regolarmente l’impressione di volere ulteriormente arricchire il proprio spettro musicale ed espressivo. Il risultato è un disco che, pur avendo le radici nelle atmosfere classiche del genere (pensiamo al vecchio catalogo No Fashion), riesce anche ad esprimere una certa varietà e un respiro tutto sommato contemporaneo negli arrangiamenti, grazie a una gamma di influenze piuttosto ampia che pesca puntualmente da vecchio e nuovo. Anche se le tematiche dell’opera tendono alla cupezza, i Grand Harvest denotano un certo brio nello strutturare le canzoni: sono infatti numerosi i chorus che riescono subito a imprimersi nella mente dell’ascoltatore – pensiamo a “The Harrow” o a “Crowns to Ashes – Thrones to Dust” – così come risultano stuzzicanti certi passaggi in doppia cassa, i cui toni battaglieri arrivano talvolta a evocare i classici Bolt Thrower. “Consummatum Est” è un disco molto ‘svedese’ a livello di mood e di cura nei suoni, ma la band, come accennato, non è qui soltanto per riprendere e omaggiare la gloriosa tradizione black e death metal del proprio paese di origine: lungo la tracklist vi è appunto spazio per qualche elemento più attuale, una miscela di suoni che guarda tanto ai vecchi classici così come a certe uscite particolarmente accattivanti degli ultimi anni. Alcuni momenti solenni e carichi di drammatica epicità possono non a caso rimandare ai connazionali Vanhelgd o persino ai 1914: il quintetto, del resto, ama muoversi su midtempo e questa impronta vagamente compassata aiuta a ben sottolineare l’atmosfera ombrosa della proposta, la quale aumenta di pathos nel crescendo del suo svolgimento. La produzione rifinita presso il celebre Necromorbus Studio (Watain, Unanimated, Nominon) è infine un elemento da non sottovalutare nella resa complessiva di una prova in cui i Grand Harvest appaiono lucidi e in forma nell’alimentare un’idea musicale magari non strettamente originale, ma certo ben articolata e interpretata. Per essere un debutto, il livello raggiunto dal gruppo è già decisamente interessante: vedremo nel prossimo futuro se i ragazzi saranno in grado di confezionare qualcosa di ancora più solido e ambizioso.