7.5
- Band: GRAND MAGUS
- Durata: 00:38:51
- Disponibile dal: 19/04/2019
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Torna quella che possiamo ormai considerare una solida realtà per quanto riguarda l’heavy metal. Il power trio capitanato dal granitico JB Christoffersson è da considerarsi forse un unicum nel panorama metal: partiti dallo stoner/doom e approdati – ormai da alcuni anni – all’heavy anthemico e dalle tinte pagane. Partiamo subito dicendo che ai Grand Magus non frega nulla di evolvere, cercare nuove cifre stilistiche, inglobare influenze diverse ecc…
Qui abbiamo dieci canzoni che rispettano pienamente i canoni, diciamo così, ai quali l’ormai non più tanto nuovo corso della band ci ha abituato: heavy metal tradizionale con influenze pagan/viking (più che altro a livello concettuale, visivo e attitudinale) e provenienti dal classico hard rock. Niente più e niente meno. La band scandinava ha un approccio totalmente franco e sincero alla materia che tratta, e possiamo dire che lo fa con cognizione di causa. L’epica intro “Gold And Glory” ci introduce immediatamente alla titletrack, roccioso midtempo che vanta una linea vocale bluesy e trascinante, molto ben riuscita. I brani sono chiaramente scritti pensando ad un’ottica live, per cui il ‘potenziale anthemico’ è il linea di massima molto elevato; potrebbe sembrare una scelta furbetta, e in parte lo è – chiaramente qui non abbiamo la profondità e la pesantezza di un “Hammerheart”- ma creare buoni brani dall’alto tasso di ‘sing along’ è tutt’altro che semplice. I Nostri ci riescono però quasi sempre, e in questo sono molto più facilmente accomunabili ai Manowar (altro punto di riferimento della band assieme ai Bathory). “Brother Of The Storm” è uno dei momenti più riusciti, con un feeling epico e vagamente medievale capace anche di far tornare alla mente anche le cose migliori dei Falconer. “Spear Thrower” spinge maggiormente sul pedale dell’acceleratore senza per questo perdere in epicità, mentre la dimensione midtempo, che i Grand Magus sembrano preferire, torna immediatamente, con i pezzi seguenti. Ascoltando “He Sent Them All To Hell” è facile immaginare la band di Stoccolma su un palco e il pubblico col pugno alzato, mentre posto in chiusura abbiamo un altro ottimo capitolo, “Untamed”, più complessa e sorretta da un ottimo lavoro di chitarra.
Arriviamo alla fine del disco senza alcuno sforzo, e dopo svariati ascolti è impossibile non cantare quasi tutti i bridge e ritornelli, ma anche non godere di assoli che pur non essendo indimenticabili risultano ben fatti e godibilissimi. Un album sincero, onesto, senza fronzoli e privo di riempitivi – trentotto minuti di musica sono perfetti per non scadere nella ripetitività, magari altri ne prendessero nota – il tutto uscito per una major.
Si potrebbe volere di più dai Grand Magus? Forse sì, ma quello che abbiamo tra le mani è un lavoro valido, che riesce a suo modo a dare freschezza ad una passione nata più di quarant’anni fa. A noi non sembra cosa di poco conto.